Kerry: a Roma il confronto Europa-Usa

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WASHINGTON — Che a Washington Giorgio Napolitano e Mario Monti siano in testa alla graduatoria degli italiani preferiti e considerati utili resta evidente anche se la Casa Bianca si è attenuta a un dovere prevedibile, dichiararsi estranea a ogni tifo per partiti nella campagna elettorale del nostro Paese. Lo si capisce non soltanto da segni esteriori, da una somma di prese di posizione pubbliche più o meno recenti. Lo confermano scelte politiche meno esposte finora alla luce dei riflettori. Il 26 febbraio, quando le elezioni ci saranno già  state, ma il governo in carica per gli affari correnti sarà  ancora quello di Monti, atterrerà  a Roma John Kerry, il democratico che ha preso il posto di segretario di Stato ricoperto in precedenza da Hillary Clinton. In vista del suo primo viaggio in Europa nella nuova carica, in una colazione a Washington venerdì scorso Kerry ha avuto modo di parlare con Napolitano di quanto intende fare a Roma.
L’appuntamento che forse attirerà  maggiore attenzione mediatica, durante la visita del nuovo segretario di Stato, sarà  quello del «Gruppo di alto livello sulla Siria», un punto di incontro tra undici Paesi sulla sorte del regime di Bashar el Assad insidiato dalla guerriglia e sul futuro di Damasco. È in programma per il 28 febbraio e vi parteciperanno innanzitutto Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Emirati. Risulta però al Corriere che in una telefonata dei giorni scorsi al ministro degli Esteri Giulio Terzi il successore di Hillary Clinton ha chiesto all’Italia di organizzare anche un altro appuntamento internazionale prima di ripartire da Roma il primo marzo.
Si tratta del «Transatlantic dinner», cena transatlantica, una sede di confronto tra europei e americani. In genere, si occupa di sicurezza e si svolge a livello di ministri degli Esteri a Bruxelles, a margine del Consiglio atlantico, e a New York, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu. Se la preparazione andrà  a buon fine, la cena a Roma dovrebbe essere il 27.
Kerry aveva telefonato anche a Monti per anticipargli il senso del discorso del presidente Barack Obama sullo Stato dell’Unione. Di certo nella scelta dell’Italia per i due appuntamenti che permetteranno al segretario di Stato di incontrare più ministri stranieri in poco tempo conta David Thorne, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma che nei principali colloqui era a fianco di Napolitano durante la visita del presidente della Repubblica italiana a Washington. Thorne è stato compagno d’armi di Kerry in Vietnam. La sua sorella gemella, ormai scomparsa, è stata sposata con John. Ma si fraintenderebbe se si interpretasse l’attenzione per l’Italia come una questione di frequentazioni e cronaca rosa. Negli Stati Uniti ciò che preoccupa è che l’Italia non si discosti dal binario del risanamento finanziario imboccato nel 2011 con la nascita del governo Monti, nominato da Napolitano, e che superando certi usi e costumi consolidati il Paese risulti più rassicurante anche per gli investimenti. È per pragmatismo che si dà  credito al governo uscente, non desiderio di cene tra amici.
Le cene semmai danno l’idea della considerazione di personalità  che di inviti a tavola ne ricevono a decine, senza accettarli tutti. Per salutare Napolitano, nella residenza dell’ambasciatore d’Italia a Washington Claudio Bisogniero, c’erano venerdì sera il ministro dell’Interno degli Stati Uniti Janet Napolitano (nessuna parentela, in questo caso), l’attuale facente funzioni segretario al Tesoro Neal S. Wolin, l’ex segretario di Stato Colin Powell, il giudice della Corte suprema Antonin Scalia. Con loro, l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. Non era scontato che un presidente italiano verso fine mandato ricevesse la considerazione che Napolitano, ospite di Obama, ha avuto a Washington. Non è scontato che in futuro sia riservata a chiunque.
Maurizio Caprara


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