Jp Morgan travolta dalla crisi pronta a tagliare 19 mila posti
NEW YORK — «La JPMorgan Chase è una corazzata», ha esclamato Jamie Dimon, presidente e chief executive della più grande banca americana, riferendosi alla forte liquidità e al capitale di cui dispone. Perché toni così baldanzosi (e così atipici per Dimon)? Semplice: dovevano servire ad attutire il contraccolpo psicologico e gli effetti a Wall Street della decimazione negli organici. Ieri, infatti, la JP-Morgan ha annunciato che, accanto ai 15mila licenziamenti nel settore dei mutui legati alla minore redditività delle operazioni sul mattone, si prepara a eliminare nel 2013, grazie al blocco del turnover, altri 4mila posti di lavoro, riducendo così di 1 miliardo di dollari i costi del gruppo.
La banca newyorkese ha cercato di smentire ogni collegamento tra i tagli e la cosiddetta «Balena di Londra», cioè lo scandalo legato a speculazioni azzardate condotte dal trader Bruno Iksil, che ha portato a una perdita complessiva di 9 miliardi di dollari, oltre che a una umiliazione per tutto il management. «Quei buchi sono stati facilmente coperti», assicurano i collaboratori di Dimon. La riduzione annunciata ieri — dicono — va invece vista nell’ottica delle ristrutturazioni in atto nel settore bancario».
Travolte nel 2007 dalla bolla dei mutui subprime, le banche americane hanno attraversato anni difficili. Molte hanno chiuso i battenti o sono state vendute a gruppi più forti. Senza l’aiuto della Federal Reserve di Ben Bernanke, molte altre sarebbero saltate. Ma adesso la situazione è più incoraggiante, come ha riferito ieri la Fdic (Federal deposit insurance corporation), l’agenzia federale che assicura i conti correnti. Nell’ultimo trimestre del 2012, grazie ai prestiti e al trading, gli utili netti degli istituti bancari americani sono saliti a 34,7 miliardi di dollari, con un aumento del 37 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.
«Non solo il reddito delle banche è aumentato negli ultimi tre anni», ha commentato Martin Grienberg, presidente del Fdic, «ma negli ultimi due è migliorata anche la qualità dei loro asset e negli ultimi dodici mesi gli istituti hanno incrementato i prestiti e sostenuto così la ripresa dell’economia americana».
Uscita dalla crisi più solida rispetto ad altre concorrenti, la JP-Morgan ha aumentato nel 2012 il volume dei prestiti del 10 per cento e conta ora 259mila dipendenti in tutto il mondo. Con una mossa controcorrente, ha anche continuato ad aggiungere nuove filiali al suo network, che ormai ne conta 5614 e crescerà di altri cento nell’anno in corso. Ma per aumentare la redditività Dimon punta adesso a diminuire il numero di addetti agli sportelli, privilegiando invece attività più proficue come la gestione di portafoglio. Di qui i tagli annunciati ieri, che porteranno a una riduzione di circa il 20 per cento del personale in ogni filiale e del 7,3 per cento del totale dei dipendenti.
La JPMorgan non è la sola a diminuire la forza lavoro nel tentativo di ridurre i costi. Citigroup ha già annunciato 11mila tagli e persino la Goldman Sachs di Lloys Blankfein si prepara a un nuovo round di licenziamenti.
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