Interrogato Gotti Tedeschi Incontri segreti con Mussari

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SIENA — Incontri segreti con il presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari durante la trattativa per l’acquisto di Antonveneta. Si concentra anche su questo l’interrogatorio del banchiere Ettore Gotti Tedeschi di fronte ai magistrati di Siena. Parla per quattro ore il responsabile da oltre vent’anni del Banco Santander in Italia, convocato come testimone. E nega che ci siano mai stati patti illeciti. Anzi. Giura che il prezzo fosse congruo: «Bnp Paribas aveva offerto otto miliardi di euro, Mps fu costretta a rilanciare fino a nove». Dopo di lui entra nell’ufficio dei pubblici ministeri Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps e al termine della deposizione assicura: «Tutto bene, piena collaborazione».
Mentre qui in Toscana l’attenzione è puntata sulle operazioni finanziarie effettuate durante e dopo l’acquisizione, la Procura di Roma apre un fascicolo per verificare se possano esserci state manipolazioni sul mercato cosi come ipotizzato in alcuni esposti. Ma sembra difficile che le verifiche possano essere compiute nella capitale, visto che pure su questo gli inquirenti senesi hanno avviato controlli affidati agli investigatori del Nucleo Valutario. L’eventualità  che ci siano state strane movimentazioni sul titolo è già  stata esplorata, non escludendo che anche nelle ultime settimane ci siano state nuove speculazioni sulle azioni Mps.
Arriva al palazzo di giustizia alle dieci Gotti Tedeschi. Nell’agenda sequestrata a Mussari c’è un appuntamento con lui fissato al 30 maggio 2007. Vale a dire sei mesi prima dell’accordo. Perché si videro? Possibile che ancora prima di acquistare Antonveneta gli spagnoli avessero già  la certezza di cederla a Mps? Il banchiere, che è stato anche presidente dello Ior, non nega il contatto, ma assicura di non aver avuto un ruolo nel negoziato: «L’operazione fu gestita direttamente dalla casa madre spagnola». In realtà  risulterebbero altri incontri tra i due e dunque si sta cercando di scoprire quale finalità  avessero e soprattutto quali accordi siano stati presi tra le parti.
Gotti esclude che «il presidente di Santander Emiliano Botin possa aver stretto patti illeciti» e poi parla di quei tre miliardi di differenza pattuiti al momento di concordare il prezzo di vendita. Santander aveva infatti acquistato Antonveneta appena due mesi prima per 6 miliardi e 300 milioni di euro ed era riuscita poi a cederla per 9 miliardi e 300 milioni, escluso un ulteriore miliardo di oneri. «È impossibile — ha sempre sostenuto Gotti — che si possa alzare il prezzo di una banca e poi dividere la differenza con il compratore riuscendo a non contabilizzare un’uscita così cospicua. Quella cessione fu perfettamente regolare. Può darsi che al momento di vendere gli spagnoli avessero informazioni precise sul futuro di Antonveneta e questo abbia pesato sulla determinazione del prezzo».
Una tesi che non convince affatto i magistrati, secondo i quali durante la gestione Mussari al vertice di Mps agiva una vera e propria “cupola” che effettuava operazioni finanziarie e speculazioni senza avvisare gli azionisti e senza informare correttamente le Autorità  di vigilanza. Un gruppo di persone che avrebbe accettato la “plusvalenza” proprio per spartirsi i soldi versati in più. E che poi, quando i conti erano ormai in profondo rosso, avrebbe messo in atto altre operazioni ad alto rischio per cercare di ripianare il debito. Soprattutto quelle sui derivati che furono tenute nascoste e dunque non contabilizzate. Per questo, oltre ai reati specifici, è scattata l’accusa di associazione per delinquere nei confronti dello stesso Mussari, dell’ex direttore generale Antonio Vigni, dell’ex capo dell’Area Finanza Gianluca Baldassari e del suo vice Alessandro Toccafondi. Nessuno di loro è stato finora interrogato, però è possibile che ciò avvenga al termine delle deposizioni dei testimoni, quando il quadro accusatorio sarà  completo e dunque sarà  possibile effettuare contestazioni specifiche su fatti e circostanze.
Questa mattina sarà  interrogato Antonio Rizzo, l’ex funzionario della banca tedesca Dresdner che con Mps fece affari e di fronte ai magistrati milanesi ha già  dichiarato: «All’interno di Monte dei Paschi agiva la banda del 5 per cento. Era capitanata da Baldassarri e dal responsabile delle filiali di Londra Matteo Pontone. Prendevano la percentuale su ogni affare».


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