Ingroia choc: per mafia grado unico di giudizio
A giudicare dalla prese di posizione del Pd e di Rivoluzione civile, anche nel prossimo Parlamento non saranno in molti a vedere di buon occhio un provvedimento di amnistia e di indulto, come auspicato dal presidente Giorgio Napolitano. Considerate le ormai poche chance dei Radicali di sedere negli alti scranni istituzionali, a sinistra rimane ben poca passione per l’atto di clemenza concesso per l’ultima volta nel 1990. Così, ieri, solo la deputata radicale Rita Bernardini ha risparmiato elogi al capo dello Stato rimproverandolo invece di aver concesso «meno grazie dei suoi predecessori» e invitandolo a «commutare la pena di tanti detenuti ignoti che vivono in condizioni insostenibili, così come ha fatto per Alessandro Sallusti».
Nè il Pd né Rivoluzione civile invece annoverano l’amnistia e l’indulto tra le prime misure da intraprendere per non incorrere in una nuova sanzione della Corte europea dei diritti umani che l’8 gennaio scorso ha dato un anno di tempo all’Italia per trovare una soluzione ai «problemi strutturali» del nostro sistema giudiziario.
Raggiunti dal manifesto, sia il responsabile Giustizia del Pd, Andrea Orlando, che il senatore Idv Luigi Li Gotti – con un trascorso nell’Msi e ora capolista di Rivoluzione civile in Sicilia – mostrano poco entusiasmo per i provvedimenti di clemenza.
Piuttosto, dicono, bisogna agire su altri fronti per ridurre l’affollamento carcerario e trovare soluzioni all’intasamento delle aule di giustizia. Li Gotti però si dimostra più disponibile, «anche se – dice – l’amnistia alleggerisce le scrivanie ma non incide sul carcere mentre l’indulto potrebbe permettere un primo svuotamento dei penitenziari, come è successo nel 2006 quando vennero liberati subito 18-20 mila detenuti». Ma la vera soluzione per il senatore Idv sta nel predisporre nuove celle, «costruendo nuovi padiglioni negli istituti in modo da evitare troppe assunzioni di personale penitenziario, già molto sottodimensionato (di oltre 7 mila unità , secondo quanto denunciato ieri dalla Ugl, ndr), e sfruttando invece di più le turnazioni e gli straordinari». Non basta: a Li Gotti piacciono molto anche i braccialetti elettronici. «Abbiamo regalato a Telecom in dieci anni 110 milioni di euro per 450 braccialetti, e ne sono stati usati solo 14. E recentemente il governo ha stipulato un nuovo contratto con la Tim per 2000 braccialetti di cui 200 con il Gps, per seguire il condannato, per un prezzo che io stimo si possa aggirare sui 20 milioni di euro. E allora, non sprechiamo questi soldi con i quali avremmo potuto assumere personale e costruire nuove carceri».
Certamente il senatore (la cui candidatura ha sconvolto non poco i militanti di Rivoluzione civile) non disdegna – al pari di Andrea Orlando – una riforma delle leggi Fini-Giovanardi e Bossi-Fini. Depenalizzare l’uso delle droghe “leggere”? «Sì, certo», risponde Li Gotti. Mentre da Orlando viene un secco «no» anche perché, dice, «non si tratta di reati per cui si va in carcere».
Democratici e arancioni divergono molto anche sulla ex Cirielli: per Orlando «va abolita», mentre per Li Gotti «la recidiva va contenuta ma va anche contestata obbligatoriamente all’imputato, e non lasciata invece alla discrezionalità del giudice». È la linea di Rivoluzione civile. Ma quando Ingroia detta alle agenzie la sua «cura choc» nella lotta alla mafia, «per rendere veloce ed efficiente la giustizia», ossia «il grado unico di giudizio, per il settore penale come per il civile, e poi il ricorso in Cassazione per meri aspetti formali», Li Gotti – avvocato difensore di tanti pentiti di mafia -tentenna un po’: «È un dibattito aperto», ribatte.
Aperto alla proposta, ma non troppo, invece è il Pd: «Beh, potremmo anche reintrodurre la pena di morte, allora – dice sarcastico Orlando – i gradi di giudizio sono scritti nella Costituzione che per noi è la stella polare da difendere. Anche se per i reati associativi il discorso è più complesso – aggiunge -rimane il fatto che il grado unico di giudizio non ha molti paralleli negli ordinamenti democratici».
La pensa così anche l’Unione delle camere penali italiane: «Anche l’inquisizione – scrivono in una nota gli avvocati – prevedeva l’inversione dell’onere della prova e il tribunale unico, e in tanti, da Robespierre a Pol Pot hanno avanzato proposte choc sulla giustizia. Proposte difficili da far digerire alle migliaia di italiani, da Tortora in poi, condannati ingiustamente in primo grado e poi assolti in appello». Un’uscita, quella del leader arancione, che fa dire a Orlando: «Vorrei capire se la posizione di Ingroia è personale o di tutta Rivoluzione civile, visto che i militanti di Rifondazione comunista hanno spesso attaccato perfino l’istituto del 41bis, la carcerazione dura prevista per i reati associativi». La risposta di Li Gotti: «Il 41bis? Lo ritengo ancora necessario». E qui il dibattito è chiuso.
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