IL SUO TESTAMENTO “ASPETTO LA MIA FINE CON CURIOSITà€”

by Sergio Segio | 28 Febbraio 2013 8:44

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La mia vita andrà  fino alla morte, e quando la morte arriverà  la accoglierò con un sentimento tutto mio, perché sono sicuro che quella esperienza sarà  come molte altre della mia vita: unica. Si incontra l’amore solo in alcuni momenti, si incontra la morte, a quanto pare, una volta sola. Finora «Nobody has come back from those bones », come dice Shakespeare, quindi non sappiamo che cos’è la morte. Però sicuramente possiamo dire che non si tratta di un nulla. È sicuramente qualcosa. Questo
qualcosa mi suscita curiosità . Parlo di prelibatezza perché fa chic, perché suona bene, ma chiaramente è soltanto un modo di dire. Quello che intendo è che non soltanto non ne ho paura, ma che effettivamente il momento in cui si metterà  la parola fine alla mia vita le avrà  dato tutto il suo senso, e non è poi così male poter guardare una vita alla sua conclusione dicendo a se stessi: «Ecco ciò che sono stato». […] Non mi piace l’idea di vivere come un vegetale incapace di pensare o di esprimersi. Per me sarebbe una decadenza davvero insopportabile. Spero ardentemente di morire prima che si manifesti questa decadenza. Se dovesse accadere,
sarei riconoscente a chi mi facesse l’iniezione letale. In altre parole, non ho bisogno di vivere ancora a lungo. Penso che novantatré anni siano già  molti, se arrivassi a novantacinque forse andrebbe ancora bene. Ma se arrivassi troppo lontano e, appunto, ciò andasse di pari passo con l’incapacità  di esprimermi, ne sarei amareggiato e preferirei che finisse. […] L’essere di un uomo è qualcosa che inizia prima e finisce dopo la sua biografia. L’uomo non comincia a esistere prima dei due o tre anni. Prima di quel tempo già  è, ma non esiste davvero nel senso che Sartre dà  al termine, ovvero con un progetto estatico. Esiste per tutta la sua vita, forse anche fino alla sua morte, ammesso che possa arrivare alle ultime ore della sua vita, poi non esiste più veramente, ma l’essere continua. Noi siamo nell’essere che comprende la nostra vita, ma anche ciò che viene prima e dopo. Nella Tempesta, Shakespeare fa dire a Prospero: «Siamo fatti della medesima sostanza di cui sono fatti i sogni e la nostra breve vita è circondata dal sonno». Quindi possiamo dire che ci siamo svegliati per vivere, e che morendo ci riaddormentiamo. Il sonno che circonda la vita è l’essere stesso. Un essere che non si esprime attraverso l’esistenza, ma che abbraccia la totalità  del cosmo, dell’umanità  e della natura.
Tratto da Vivete! (Castelvecchi, traduzione di Giacomo Cuva) © 2012, Carnets Nord, tutti i diritti riservati. Per gentile concessione di Castelvecchi

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