Il sì di Londra alle nozze gay Ma metà  dei tory vota contro

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LONDRA — Le accuse più pesanti gli sono piovute addosso dalla schiera dei tory ribelli: «Lei, signor primo ministro, adotta tattiche orwelliane». Ossia tattiche che frantumano la società  e la famiglia.
Schiaffi a David Cameron dalla inferocita pattuglia della metà  (o forse più) dei parlamentari conservatori (sono in tutto 303) per nulla disposta a legalizzare le nozze fra omosessuali e fra lesbiche.
La fronda è uscita allo scoperto nel dibattito e nel primo voto del «Gay Marriage (Same Sex Couples) Bill» dando l’esatta dimensione del dissenso e della forte spaccatura fra «social liberalist tory» e «traditional tory» che su questo tema si registra tanto nelle fila dell’esecutivo (quattro ministri sulle barricate) quanto del gruppo parlamentare conservatore. Ma che tocca pure l’opposizione, visto che almeno venti laburisti (su 255) si sono pronunciati in modo difforme dalle indicazioni del loro leader Ed Miliband. Hanno però vinto i 400 sì (i no 175) e il principio fondamentale della nuova legge, sponsorizzata da Downing Street, è passato: due gay hanno il diritto di sposarsi secondo il rito civile e religioso.
Il percorso parlamentare del «Gay Marriage (Same Sex Couples) Bill» sarà  lungo, essendo l’approvazione prevista entro l’inizio del 2015, ma l’appuntamento di ieri era un banco di prova fondamentale. Una eventuale bocciatura avrebbe affossato il provvedimento, lo avrebbe stravolto. Si va avanti. Però, le conseguenze politiche del voto sono da decifrare. La domanda è: David Cameron ha perso il controllo dei suoi parlamentari? Il dibattito è stato pacato ma intenso e interessante. I deputati si sono espressi in piena libertà  di coscienza, nessun disciplina di partito, i politici gay sono intervenuti senza finzioni e senza bugie.
Le convinzioni e le perplessità  hanno attraversato gli schieramenti. Da destra a sinistra. Si è alzata Margot James, prima lesbica eletta fra i tory e ha ammonito: «Se non modernizziamo la nostra agenda sociale perderemo le prossime elezioni, come è appena accaduto ai repubblicani negli Stati Uniti». Le ha dato manforte, nel suo stesso partito, Stuart Andrew: «Ho realizzato di essere gay nella mia adolescenza, forse l’unico gay in un villaggio del Galles. Non è giusto escluderci dal matrimonio». E Mike Freer, altro tory di Londra: «Quando mi sono unito civilmente col mio partner è stato il giorno più bello della vita. Mi aspetto di avere il diritto alle nozze». O Iain Stewart, sempre tory: «Ricordo quando ebbi il coraggio di rivelare ai genitori la mia omosessualità . Sapete come? Cominciai dicendo che non mi sarei mai potuto sposare. Ed ero triste. Mi auguro di farlo in fretta».
In mattinata era apparsa sul Daily Telegraph una lettera sottoscritta da tre dei maggiori esponenti conservatori, George Osborne, William Hague e Theresa May. Tutti a favore delle nozze fra omosessuali e fra lesbiche. «Aprirsi al matrimonio di coppie dello stesso sesso non significa indebolire l’istituto del matrimonio, semmai il contrario». Non è bastata a fermare quel plotone di backbencher tory (membri di seconda fila ai Comuni) convinto che l’ostinazione di Downing Street nel volerla approvare sia un modo per mandare all’aria la famiglia e il partito.
C’è chi ha rivendicato il referendum, come arma per sconfiggere il premier. E c’è chi ne ha contestato la leadership in vista delle prossime elezioni nel 2015. Eppure David Cameron non ha mostrato ripensamenti: «È un passo avanti che rende la nostra società  più forte». Per ora ha vinto col soccorso dei laburisti e dei liberaldemocratici. Ma questa legge rischia di costargli cara.
Fabio Cavalera


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