Il sapere critico di «Commonware»

by Sergio Segio | 12 Febbraio 2013 8:31

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La vittima, il cui omicidio nell’era della comunicazione e dei comunicatori di massa non cessa di avvenire, è ormai senza volto, ma continua a chiamarsi discorso politico. Da più parti se ne intona lo sconsolato requiem. Da altre, grotteschi tentativi di rianimazione rasentano l’inutilità  dell’accanimento terapeutico.
A chi non intenda rassegnarsi alla miseria di questa funebre alternativa s’impone dunque lo sforzo di una riscoperta. Come tornare a produrre discorsività  politica? Quali strumenti teorici e pratici e quali saperi possono mettere in funzione una nuova semantica che nasca dalla condivisione di esperienze eterogenee di militanza e di movimento? In che modo?
Si tratta precisamente della sfida fatta propria dal collettivo Uninomade che risponde all’insieme di tali interrogativi presentando il secondo ciclo del corso di auto-formazione Commonware (Bologna, febbraio-giugno 2013). L’obbiettivo è nitido: riappropriarsi di uno spazio di produzione di saperi critici (non a caso il corso ha luogo all’interno – e contro – l’Università ) da mettere a disposizione di chiunque intenda orientarsi nella contemporanea composizione delle realtà  di movimento, mediante la costruzione comune di nuovi e più adeguati strumenti di lettura del politico. Commonware (rovesciamento in positivo del nome dei pacchetti formativi telematici predisposti da sempre più numerose università , i cosiddetti courseware) si presenta innanzitutto come risposta ad un’esigenza che si fa impellente. Quella cioè di dar corpo ad un lessico teorico-politico che intersechi la contemporaneità  all’altezza delle sfide e dei problemi che pone. Lessico da condividere, prodotto ed agito in comune. Linguaggio-esperienza, aperto ed attraversabile, che funzioni da veicolo di ricomposizione di soggettività  politiche, troppo spesso frammentate nel variegato spettro dei movimenti sociali.
Il primo ciclo formativo, intitolato da Marx all’operaismo, ha inaugurato la stagione di Commonware nel gennaio 2012 (in primavera uscirà  per la collana UniNomade di ombre corte il volume che raccoglie le sette lezioni). In risposta alla quasi totale rimozione universitaria del pensiero di Marx, l’insieme di lezioni e di discussioni organizzate da UniNomade (video reperibili su www.uninomade.org) ha riportato il fondamento teorico principe della militanza comunista al centro di un dibattito sulle differenti declinazioni del pensiero critico nelle forme militanti della nostra storia recente.
Un dato immediatamente produttivo si è dunque esplicitato da subito nell’articolazione tra categorie del pensiero, forme storiche della sua ricezione e configurazione delle pratiche materiali ad esse ispirate. Non per rispolverare una gloriosa galleria iconografica del passato, ma per riattivare nel presente un insieme di dispositivi teorici che, facendo tesoro delle esperienze ereditate, possano rivitalizzare oggi la dimensione costituente del conflitto sociale. Da qui la proposta di dedicare il ciclo di auto-formazione di quest’anno a Gli stili della militanza – dal movimento operaio ad Occupy. La prospettiva storica in cui verranno presentate le forme della militanza toccherà  figure significative dell’organizzazione politica autonoma dell’ultimo secolo: gli Wobbies, la militanza studentesca nel lungo ’68, l’esperienza dell’autonomia operaia, militanti anti-coloniali e Black Power, movimenti femministi e centri sociali.
Inutile sottolineare come non si tratti affatto di riproporre stili e modalità  che hanno già  fatto il loro tempo, quanto piuttosto di coglierne lo spirito che li ha legati ad una storia di cui è figlio il nostro presente. Stili comunicativi ed aggregativi, capacità  di rottura e di autoaffermazione la cui ricchezza richiede di essere assunta con riconoscenza, e atteggiamento critico, da parte di chi voglia chiedersi cosa significhi oggi tornare a produrre un discorso politico e militante.

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