Il record italiano dell’azzardo Giocate online per 15 miliardi

by Sergio Segio | 20 Febbraio 2013 8:23

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ROMA — Non ascoltate le Cassandre che vedono la ripresa sempre più lontana. Non date retta ai menagrami secondo cui la recessione sta strozzando la nostra economia. C’è in Italia un settore che tira, e tira da matti: quello delle bische online. Ovvero, la nuova frontiera del gioco d’azzardo. «Abbiamo meno dell’uno per cento della popolazione mondiale e il 22 per cento del mercato globale dei giochi online», garrisce un comunicato stampa diffuso lunedì da Netmediacom, riportando i risultati di uno studio del portale Netbetcasino.it. Per nulla intimoriti dal rischio che «il gioco può causare dipendenza», né ispirati dal suggerimento di «giocare con moderazione» che accompagna il diluvio di pubblicità  televisive, nel 2012 i nostri connazionali hanno speso 15 miliardi e 406 milioni. Una cifra colossale, che fa impallidire perfino la somma pure enorme investita dai francesi: 9 miliardi 408 milioni. E gli inglesi, inventori delle scommesse? Si sono fermati a 3 miliardi appena, a poca distanza dagli spagnoli: 2 miliardi 354 milioni.
«È un settore economico in cui il nostro Paese fa da traino al resto d’Europa», esultano gli autori dello studio, sottolineando come il fatturato del gioco d’azzardo abbia surclassato in un solo anno quello di 12 miliardi dei viaggi online, e proceda spedito nel 2013 verso i 18 miliardi.
Ma è un record mondiale che fa venire letteralmente i brividi. Perché è difficile non mettere tale primato in relazione con l’impoverimento degli italiani. Fra il 2001 e il 2011 il Prodotto interno lordo pro capite a prezzi costanti, considerando cioè anche l’inflazione, è diminuito in Italia del 3,8%. In valore, 946 euro. Nell’area dell’euro è stato il peggiore risultato in assoluto. Solo in un altro Paese la ricchezza reale prodotta da ciascuno è calata: il Portogallo, dove però è scesa dello 0,9 per cento. La Germania ha messo a segno un +12,3%. La Francia e la Spagna, +4,7. L’Austria, +13,1. Perfino la Grecia, nell’arco di quegli undici anni, ha visto crescere la ricchezza individuale dell’8%.
E dopo l’impoverimento materiale, come non cogliere in quel record dei biscazzieri online anche un segno di impoverimento culturale? Lo dicono chiaramente anche i dati sull’aumento degli abbandoni scolastici e la diminuzione delle iscrizioni all’università , in un’Italia che ha metà  dei laureati rispetto alla media europea.
Ancora: quel primato l’ha raggiunto un Paese, dice Eurostat, con la minore propensione in Europa all’uso dell’informatica. Gli italiani fra i 16 e i 74 anni che non hanno mai aperto una pagina Internet sono il 37%. Peggio di noi soltanto Cipro (36), Bulgaria (42), Grecia (42) e Romania (48). Idem per la diffusione dei collegamenti Internet nelle abitazioni: siamo al 63%, contro una media del 76% dell’Unione europea, appena un soffio sopra Portogallo (61), Cipro e Lituania (62). Per non parlare delle carenze oggettive della nostra infrastruttura informatica. Che però non hanno scoraggiato, qui dove ancora le pubbliche amministrazioni hanno difficoltà  a dotarsi dello sportello unico per le imprese e ci sono soltanto (fonte Confartigianato) 541 Comuni su 8.092 in grado di far svolgere ai propri cittadini tutte le pratiche via web senza recarsi materialmente in municipio, la concessione di un numero sorprendente di autorizzazioni per le bische elettroniche.
Direte: l’Erario ci fa un sacco di soldi. Fosse anche così, sarebbe già  alquanto discutibile che lo Stato incentivasse un’attività  per la quale è necessario dare un avvertimento del tipo «drogatevi pure, ma con moderazione». Senza considerare le drammatiche conseguenze sociali del gioco d’azzardo, diventata un’autentica malattia nazionale con la sua catena di usure e suicidi. Ma il fatto è, come ha già  avuto modo di ricordare il Corriere un paio di mesi fa, che il Fisco incassa dalle giocate online un miserissimo 0,6%: il che ha fatto precipitare la tassazione effettiva su tutto il gioco d’azzardo «legale» dal 30 al 10%.
E sapete quanti sono oggi i siti Internet operativi? Trecentonovantuno. Intestati a una quantità  incredibile di società . Molte sono controllate da soggetti con base a Cipro e Malta. O Gibilterra, come la Bwin sponsor del Milan. Ma anche in Olanda, Gran Bretagna e Austria. E San Marino. Alcuni sono schermati dietro fiduciarie: è il caso della società  di Antonio Porsia. Ex assistente, ha documentato un’inchiesta di Sigfrido Ranucci per Report di Milena Gabanelli, degli ex ministri Francesco D’Onofrio e Tiziano Treu, è presidente e azionista della Hbg gaming, la cui maggioranza è custodita nella Fiduciaria Finnat della famiglia Nattino.
Di altri si sono occupati le cronache: per esempio la Atlantis B plus, finita al centro di un’inchiesta che ha coinvolto l’ex presidente della Banca popolare di Milano Massimo Ponzellini rivelando rapporti con politici del centrodestra. Ma la febbre ha contagiato anche i Comuni di Venezia e Sanremo, proprietari dei rispettivi casinò che sono titolari anch’essi di concessioni per il gioco online.
In un mondo nel quale girano tanti soldi, non poteva poi mancare l’ombra delle organizzazioni criminali. Il 16 aprile 2009 i magistrati hanno sequestrato le azioni di una delle tante società  concessionarie, poi messa in liquidazione: i suoi proprietari erano accusati di riciclaggio.
E le banche? Come facevano a restare fuori? Ecco allora che la Mpventure, posseduta in maggioranza dal Monte dei Paschi di Siena, controlla il 40% di Neomobile spa, proprietaria di Neomobile gaming (www.casinoplanet.it). Mentre Intesa Sanpaolo è presente in forma indiretta (insieme con Generali e Palladio finanziaria) nel capitale della Snai.
Un consigliere di amministrazione di Unicredit è invece presidente della Cogetech (www.maxipoker.it, www.virginpoker.it, www.runneropoker.it) e altri sei siti. Risponde al nome di Giovanni Quaglia: ex presidente margheritino della Provincia di Cuneo e vicepresidente della Fondazione Cassa di risparmio di Torino. Non è l’unico personaggio di spicco, in un settore nel quale si sono buttati a pesce colossi come la De Agostini, azionista di Lottomatica, e la Sisal: presieduta, quest’ultima, dall’ex ministro ed ex commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi. Ed è impossibile non ricordare che della partita è anche la Mondadori di Silvio Berlusconi attraverso la Glaming (www.glaming.it). Ha ottenuto dai monopoli di Stato la concessione quando il Cavaliere era premier e alla presidenza della società  sedeva nientemeno che Aldo Ricci, collocato per ben due volte dal governo del patron di Mediaset a capo della Sogei, azienda pubblica che gestisce l’anagrafe tributaria.
Potremo andare avanti chissà  quanto, raccontando storie e personaggi. Merita però di essere menzionata la marcia indietro di Poste italiane, che dopo aver chiesto e ottenuto la concessione per i giochi online (le Poste, ci pensate!) si è ravveduta. E ha per fortuna deciso di non renderla operativa. Meglio tenersi alla larga…

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