Il Parlamento ringiovanisce e un onorevole su tre è donna

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ROMA — Poi uno si chiede perché, alla vigilia del voto, i grandi partiti fanno di tutto per imbarcare liste, listine e listarelle da zero virgola poco. Se alla fine il centrosinistra ha la maggioranza della Camera deve dire grazie al Sà¼dtiroler Volkspartei. I 146 mila voti raccolti dal partito popolare tirolese, alleato del Pd a Bolzano, sono stati decisivi per superare al fotofinish il centrodestra, rimasto indietro di appena 124 mila voti. Solo così è scattato quel premio di maggioranza su base nazionale che vale 340 deputati, la fetta più grande nella torta di Montecitorio, con un grande distacco sui 124 del centrodestra e sui 108 di Beppe Grillo. Senza i voti del Svp sarebbe stato il centrodestra a vincere e portarsi a casa oltre metà  dei seggi. Bersani deve ringraziare anche il Centro democratico e magari pure i marxisti per Tabacci, il gruppo Facebook che ha portato l’assessore milanese a infilarsi il colbacco per gioco. Altre 165 mila preferenze decisive nello scheda a scheda di lunedì notte.
La legge della caccia al partitino, però, vale anche al contrario. Silvio Berlusconi aveva provato a convincere Oscar Giannino a ritirarsi per lasciare i suoi voti al centrodestra. Aveva le sue buone ragioni. Alla Camera Fare per fermare il declino ha preso 380 mila preferenze. Poche, ma più che sufficienti a ribaltare il risultato di Montecitorio. Senza Giannino, il Pdl avrebbe preso al Senato anche il Piemonte, l’unica regione in bilico andata a Bersani. Ma a Palazzo Madama la legge del partitino funziona meno, perché qui il premio di maggioranza scatta in ogni singola regione. Una lotteria che alla fine consegna al centrosinistra 123 seggi, ben al si sotto dei 158 necessari per la maggioranza. L’asticella Bersani la supererebbe con i 54 senatori di Grillo o con i 117 del centrodestra, ma non con i 19 di Monti. Piemonte a parte, però, al Senato inseguire le listine non avrebbe pagato.
Anche se Rivoluzione civile si fosse alleata con il Pd, il centrosinistra non avrebbe portato a casa una sola regione in più. Per conquistare Lombardia e Veneto, Bersani avrebbe dovuto arruolare già  nella scheda elettorale la lista Monti, mentre in Sicilia non ce l’avrebbe fatta nemmeno così. Lontani nelle regioni, centrodestra e centrosinistra. Ma accomunati dalla stessa emorragia di voti: rispetto al 2008, Pdl, Lega e Pd hanno perso in tutto 11,3 milioni di voti. Trasferiti in piccola parte alla lista Monti e soprattutto al Movimento 5 Stelle. Quest’ultimo risultava primo partito alla Camera con un margine di 45 mila voti sul Pd, prima dello spoglio delle schede estere. Ma ora — avverte Laura Garavini, capolista del Pd nella circoscrizione Europa — è di nuovo in testa perché agli 8.644.187 voti «italiani» se ne aggiungono altri 288.092 mentre agli 8.689.168 di voti grillini in Italia si sommano solo 95.041 schede.
Ma è proprio grazie al partito non partito di Beppe Grillo se le nuove Camere saranno molto diverse rispetto al passato. L’età  media dei parlamentari — secondo un’analisi fatta da Coldiretti — scende a 48 anni, contro i 54 dei deputati e i 57 dei senatori di adesso. I più giovani sono proprio i grillini, età  media 37 anni, i più anziani quelli della lista Monti con 55. La più giovane in assoluto è Marta Grande, candidata nel Lazio con Grillo, 25 anni e una laurea in lingue e commercio estero in Alabama. Il più anziano è Sergio Zavoli, 89 anni, presidente della commissione di vigilanza sulla Rai, in quota Pd. Anche senza le quote rosa aumentano le donne: sono in tutto 295, il 31% dei parlamentari, contro il 21% degli attuali deputati e il 19% degli attuali senatori. Secondo Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, la «vera innovazione è questa». Il primato stavolta va al Pd con il 41%, poco indietro il Movimento 5 Stelle con il 38%, mentre l’ultimo posto va alla Lega con il 14%. Il Pd porta alla Camera anche il primo immigrato di seconda generazione: Khalid Chaouki, nato a Casablanca e cresciuto tra Parma e Reggio Emilia. In Parlamento entrano anche sette rappresentanti del non profit: da Laura Boldrini, presidente dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, a Mario Marazziti, della Comunità  di sant’Egidio. E anche tre militanti per i diritti degli omosessuali. A fare i conti è Franco Grillini, presidente di Gaynet, che coglie l’occasione ed esulta anche per la bocciatura di Paola Binetti.


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