Il Lazio volta pagina, vince Zingaretti
ROMA — Alle sette e trenta della sera, con un spoglio delle schede fermo al trenta per cento dei seggi, lento che più non si potrebbe, Nicola Zingaretti arriva nel Tempio di Adriano, in piazza di Pietra, a due passi dal Pantheon, e parla da governatore del Lazio: la proporzione definitiva della vittoria arriverà in nottata, ma il risultato non è in discussione. È in giacca blu, camicia bianca, senza cravatta. Sorride, con quella faccia un po’ paffuta: «Mi ha appena chiamato Storace per congratularsi, lo ringrazio. Da oggi sarò il governatore di tutti». La dedica, scontata, è «per mia moglie e le due mie figlie». Poi si parla di politica: «In un quadro nazionale di incredibile frammentazione e partendo dal 29,8% della Camera, il risultato che si profila nel Lazio è straordinario, attorno al 39-40 per cento dei consensi. Significa che ci sono stati tanti voti disgiunti». Dallo staff parlano del «10% in più». Di sicuro, a oltre metà scrutinio, Zingaretti ha quasi 200 mila preferenze più dei partiti che arrivano al 41,8%. Su 4.968 sezioni scrutinate su 5.267 — all’una e mezza del mattino, a spoglio quasi finito — Zingaretti ha il 40,6% dei consensi, Storace il 29,4%, il «grillino» Davide Barillari il 20,3%. Molto più staccati Giulia Bongiorno di Scelta civica con Monti (4,6%) e Sandro Ruotolo (2,2%) di Rivoluzione civile. Su Roma città , il distacco si allarga: Zingaretti arriva al 45,4%. E Fiorella Mannoia commenta su Facebook: «Almeno Zingaretti ce l’ha fatta. Ogni tanto una buona notizia». Circolano i primi nomi per la giunta. Per il Bilancio, l’ex ministro Vincenzo Visco. Mentre alla Scuola, il rettore di «Roma Tre» Guido Fabiani.
Non trova una Regione «comoda», Zingaretti: non tanto per la riduzione dei consiglieri a 50 e la maggioranza alla Pisana («sarà ampia», dicono nel Pd), quanto per i problemi legati ai temi «caldi» come la Sanità e i rifiuti. E, poi, c’è l’eredità dello scandalo targato «Batman» Fiorito del Pdl (ad Anagni, sua roccaforte, passa il centrosinistra) e del «bombardiere» Maruccio dell’Idv, e la gestione dei fondi a disposizione dei gruppi politici. In più, c’è l’onda grillina, con Barillari che annuncia ricorsi per l’annullamento di molte schede. Zingaretti apre il dialogo con Cinque Stelle: «La nostra proposta è chiara: taglio dei costi della politica, innovazione, trasparenza, sviluppo e lavoro. Non ci chiuderemo a riccio: sui punti elencati vedo un’affinità col Movimento 5 stelle».
Il centrodestra, invece, medita sulla sconfitta. Che su Roma città , più ancora che nelle province, è cocente: nella Capitale il Pd «doppia» il Pdl (404 mila voti, contro 216 mila, il 32% contro il 17%). Dato che «pesa», in vista delle comunali del 26 maggio. I democratici, ora, devono trovare un candidato sindaco da opporre ad Alemanno ma non è detto che si facciano le primarie, neppure nella forma «aperta» ad outsider come Alfio Marchini. E il centrodestra? Secondo Alemanno «Grillo, nelle amministrative, è il terzo partito e non il secondo. La sfida è aperta». Il sindaco spera nell’appoggio di tutta la coalizione, anche se qualcuno pensa alle primarie: «Su Storace potevamo partire prima: avremmo avuto più voti». Proprio Alemanno, però, era quello dubbioso. Ieri colloquio con Berlusconi: «Mi ha detto: “Peccato, alla Camera potevamo farcela”». Zingaretti annuncia il primo provvedimento: «Taglieremo i costi della politica e investiremo i proventi nello sviluppo». Adesso, nel centrosinistra, sorridono tutti. Ma quando Zingaretti venne dirottato dalla corsa al Campidoglio (dove, ora, crescono le quotazioni di Ignazio Marino) alla Regione, dopo le dimissioni della Polverini, ci furono anche dei malumori: «Allora — dice il neogovernatore — non si erano compresi i motivi, ma i consensi ci dicono che abbiamo fatto bene. Abbiamo agito con discontinuità e siamo stati percepiti come coalizione che vuole cambiare».
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