Il cruciale quinquennio per le riforme di Raàºl

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L’AVANA. Vi sono ben pochi dubbi che fra meno di due settimane l’Assemblea nazionale (il Parlamento cubano), recentemente eletta, confermi Raàºl Castro alla presidenza del consiglio di Stato e dei ministri. Dunque al vertice politico-istituzionale dell’isola.
Il risultato delle politiche era scontato, visto che i 612 nuovi parlamentari eletti non avevano avversari nel loro collegio. Meno scontati, però, erano i dati di affluenza e soprattutto quello delle schede bianche, attentamente monitorato quest’ultimo dagli analisti statunitensi per evidenziare lo «stato di insoddisfazione» dei cubani o, più ottimisticamente, il “peso” dell’opposizione al governo. Infatti, in questa occasione, alcune personalità  dell’opposizione cubana avevano apertamente invitato la popolazione a esprimere il loro dissenso votando scheda bianca, in questa linea appoggiati da blog dell’opposizione interna e soprattutto dagli anticastristi di Miami o Madrid.
Domenica scorsa, l’affluenza è stata la più bassa registrata negli ultimi anni, il 90,8% degli aventi diritto al voto, ma anche le schede bianche sono scese al 4,6% (quelle nulle sono state l’1,2%). Con riferimento alle elezioni comunali dell’ottobre dell’anno scorso, l’affluenza è diminuita di un punto, ma le schede bianche o nulle sono quasi dimezzate (allora furono l’8,9%). Segnale che, nonostante la difficile situazione economica della popolazione – i prezzi sono saliti e aumenta la percentuale dei cubani che fanno fatica a arrivare alla fine del mese- il messaggio dell’opposizione e degli anticastristi non ha fatto breccia tra i cubani.
Inoltre, l’81enne Raàºl Castro inizia il suo ultimo e per molti versi cruciale quinquennio di presidenza rafforzato dal conferimento a Cuba (deciso nel recente vertice di Santiago del Cile) della presidenza della Comunità  di stati dell’America latina e del Caribe (Celac), organismo che riunisce più di 30 paesi del subcontinente americano, fondato nel 2011 a Caracas come dimostrazione palese della crescente autonomia nei confronti degli Usa conquistato dall’America latina.
«La presidenza di turno della Celac eleverà  il profilo di Raàºl Castro e di Cuba come leader in un mercato regionale di più di 500 milioni di abitanti e un reddito procapite medio di 12,400 dollari. Questo grande passo avanti diplomatico dell’Avana sarebbe impensabile senza la politica di riforme dirette a migliorare la governabilità , le istituzioni e lo sviluppo economico dell’isola» scrivono nella rivista cattolica Espacio laical Arturo Là³pez-Levy, noto analista cubano che vive e insegna negli Usa e Rogelio Sà¡nchez Levis, storico e ex ambasciatore cubano in Francia. I quali sostengono che l’attenzione che l’America latina rivolge alle riforme di Raàºl rappresenta anche un «messaggio inviato a altri gruppi regionali, particolarmente all’Europa e all’America del Nord, ovvero che la migliore politica nei confronti di queste riforme» non sia quella dello scontro, bensì «di interesse e scambio di vedute» anche quando queste «esprimano critiche e differenze».
Sempre secondo i due analisti, «non è che la regione (latinoamericana, ndr) abbracci l’ideologia del governo cubano, è che le cancellerie latinoamericane e caraibiche, affidando a Cuba la presidenza di turno, puntano a far sì che lo sviluppo delle riforme nell’isola proceda in parallelo con gli obiettivi specifici della regione», ovvero verso una sorta di socialismo democratico più o meno “radicale”.
L’Europa sembra volersi indirizzare verso le posizioni auspicate dal Celac e ha iniziato a ridiscutere la cosiddetta “posizione comune” di chiusura a Cuba, a suo tempo imposta dai falchi neoliberisti come l’ex presidente spagnolo Aznar, dagli inglesi e da alcuni Paesi del Nord-Europa. Negli Usa, l’amministrazione Obama ha accennato a una qualche disponibilità , ma sempre mantenendo l’embargo e riproponendo i soliti sbarramenti politici.
Molto dipenderà  anche dai nuovi quadri che nel prossimo quinquennio dovranno emergere per sostituire le vecchie leve, ormai sulla soglia o sopra gli 80 anni e dai volti nuovi che dovrebbero favorire e dirigere una progressiva linea integrazionista di Cuba nei confronti dell’America latina. Un’indicazione dovrebbe venire dalla composizione del nuovo Consiglio dei ministri, dove il giovane (52 anni) attuale vicepresidente Miguel Dà­az-Canel potrebbe venir nominato primo vicepresidente in sostituzione dell’anziano Machado Ventura, uomo di punta della vecchia ortodossia di partito.


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