Il Colle e il premier evocano Tangentopoli

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ROMA — Troppo feroci le polemiche, troppo alto il rischio di autogol. Così Silvio Berlusconi, dopo aver in pratica giustificato il ricorso da parte di alcune aziende di pagareal pagamento di tangenti o comunque all’ammorbidimento di ammorbidirecon costruzione di strade e ospedali dei governi di «Paesi del Terzo mondo» per ottenere commesse, ci ripensa e corregge il tiro. «Non ho mai pronunciato la parola tangenti — giura l’ex premier —. Sono un reato e va evitato. E quando accade va punito. Io ho solo fotografato la situazione internazionale delle nostre aziende all’estero, dal momento che in certi Paesi non proprio democratici gli appalti si assegnano anche con condizioni a latere». E adesso, il risultato delle inchieste su Eni e Finmeccanica è che «i concorrenti di queste due aziende si stanno fregando le mani».
Ma se il Cavaliere cerca di ridimensionare il caso (ancora tanti gli attacchi, fra i quali quello di Monti che lo bacchetta perché «uno che ha governato deve rendersi conto che l’Italia deve combattere contro la corruzione internazionale»), pare impossibile per tutti i leader evitare il grande tema di questo scorcio finale della campagna elettorale: dopo l’ondata di inchieste giudiziarie, arresti, condanne si può parlare di nuova Tangentopoli? Da Washington Giorgio Napolitano si dice «preoccupato» per quanto sta accadendo, ma aggiunge di «non saperne nulla, aspettiamo l’esito delle indagini». Comunque, dice a proposito di Finmeccanica «la magistratura deve verificare se dietro queste transazioni internazionali ci sia qualcosa sotto forma di riserva occulta o tangenti».
E’ invece convinto che la situazione sia serissima Mario Monti: «Purtroppo sì, siamo di fronte a qualcosa di molto simile a Tangentopoli. Nel 1992 si pensava che il fenomeno delle tangenti era alla fine, invece siamo qui di nuovo. Si è passati dalla partitocrazia alla partitorazzia». Tutt’altro il parere di Berlusconi: «Una nuova Tangentopoli? Assolutamente no. Ci sono dei casi isolati che sono stati creati da una certa magistratura per produrre una cortina di fumo, una nebbia sul grande scandalo MPS che vede coinvolto completamente il Pd. Uno scandalo da 3 miliardi di euro». E’ d’accordo solo su un punto Pier Luigi Bersani, e cioè che «la storia non si ripete mai negli stessi termini, non credo tecnicamente si possa definire una Tangentopoli simile a quella di quegli anni», ma Berlusconi non può chiamarsi fuori: «La destra ci lascia una catastrofe etica e morale, e quando sento che c’è chi giustifica le tangenti si capisce da dove viene il problema…».
In questo clima da tutti contro tutti, chiaro che chiunque abbia avuto ruoli di primo piano nel governo del Paese rischia di cedere passo e consensi a Beppe Grillo. Che però, a sua volta, attacca la magistratura: «La legge protegge i delinquenti e manda in galera gli innocenti», denuncia il leader del M5S. E aggiunge: «Questa magistratura fa paura. Io che sono un comico ho più di ottanta processi e Berlusconi da presidente del Consiglio ne ha 22 in meno, e poi va in televisione a lamentarsi».
Paola Di Caro


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Autopsia di un partito

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Il Guastatore Rosso

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