by Sergio Segio | 6 Febbraio 2013 8:25
Al Sud questo non succede neanche a tre donne su dieci, delle altre ci si accorge quando hanno già metastasi da qualche parte. Anche la cura è diversa fra Nord e Sud: cinque su dieci di quelle che si ammalano a Ferrara o a Modena fanno la radioterapia durante l’intervento chirurgico, ma a Napoli o a Sassari succede solo a tre malate su dieci. E non basta ancora, Lucia avrà ancora la mammella dopo l’intervento, e potrà poi ricostruire il suo seno. Giovanna no, ha molte più probabilità che le tolgano la mammella del tutto, una mutilazione grave.
Come le sappiamo tutte queste cose? Milena Sant dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, con tanti suoi colleghi, ha appena completato uno studio (sarà pubblicato su Cancer Epidemiology) che confronta 14 registri di tumori di diverse città italiane. Viene fuori una grande disparità fra Nord e Sud, sempre a favore del Nord. È triste per un Paese che ha fatto del Servizio sanitario nazionale uno dei suoi punti di forza doversi accorgere che diagnosi precoce e cure adeguate per i tumori dipendono da dove uno vive. E adesso facciamo un salto in avanti nel tempo. Lucia ha 89 probabilità su cento di essere viva fra cinque anni, Giovanna ne ha comunque 85, non poi così male date le premesse. Giovanna non morirà , ma il ritardo nella diagnosi le farà vivere una vita difficile rispetto a Lucia: anni di cure e ricoveri in ospedale; che vuol dire sofferenze e disagi in più per lei e costi per il Servizio sanitario che si sarebbero potuti evitare. Gli epidemiologi dell’Istituto dei tumori non si sono limitati al cancro della mammella, hanno guardato ad altri tumori: stessa situazione. Per il tumore del colon (e qui la diagnosi precoce salva la vita) le cose a Napoli e a Sassari vanno peggio che in molte città del Nord dove ci sono buoni programmi di prevenzione e screening. Al Nord due ammalati su dieci hanno già metastasi quando si scopre il tumore, al Sud più di tre su dieci. Di tumore del polmone si muore in fretta, meno di due pazienti su dieci sono vivi dopo cinque anni dalla diagnosi. È un po’ meglio, ma solo un po’, se la diagnosi la si fa per tempo, abbastanza da poter fare un intervento chirurgico di rimozione del tumore. Qui dati per confrontare Nord e Sud non ce ne sono ma restano le disparità geografiche, in Romagna per esempio nove malati su dieci hanno una diagnosi abbastanza precoce da poter essere operati, molto meglio che nel resto d’Italia e certo meglio che al Sud.
Cosa fare? A un ammalato di tumore che viva a Napoli o a Palermo non resta che rassegnarsi? No, affatto, c’è moltissimo che si può fare e vale per il Sud come per il Nord, ed è ancora più importante della diagnosi precoce. Chi ha un tumore — mammella e colon soprattutto — deve assolutamente resistere alla tentazione di farsi curare in centri qualsiasi, magari vicini ma che non hanno competenze specifiche. La chirurgia della mammella è facile e così tanti pensano che un bravo chirurgo basti, magari quello dell’ospedale sotto casa che si conosce anche. Non è così, la chirurgia è solo una parte di quello che serve, c’è la radioterapia intra-operatoria, la diagnosi genetica e tanto d’altro. Centri con le competenze che servono ce ne sono dappertutto in Italia. Ma gli ammalati non vanno sempre nei centri giusti. E sì che scegliere è facile, bastano poche domande, una su tutte: è sufficiente chiedere quanti ammalati di tumore alla mammella o al colon o al polmone hanno curato in quella struttura l’anno prima. La gente non lo fa quasi mai e così sei su dieci delle donne che si ammalano di tumore alla mammella (al Sud e anche al Nord) si fa operare in centri che ne trattano meno di trenta all’anno. È molto peggio che arrivare tardi alla diagnosi.
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