Grillo a Roma: i miracoli succedono

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ROMA — Arriva in camper, con il viso sorridente schiacciato sul finestrino, sale sul palco, con occhiali e sciarpa bianca e blocca subito l’ovazione del pubblico: «Non fate così, che è tutta la notte che mi esercito per non commuovermi». Davanti a lui c’è tutta piazza San Giovanni piena, la piazza del primo maggio, della sinistra, dei sindacati, diventata per un giorno il palcoscenico di questo nuovo movimento che vola nei sondaggi e si appresta a sbarcare in massa a poche centinaia di metri da qui, nel Parlamento. Militanti e simpatizzanti, uniti da un solo grido: «Tutti a casa». Ma bisogna aspettare la fine dello «spettacolo», come lo chiama Grillo, per il colpo di scena. Arriva sul palco il suo sodale degli ultimi anni, colui che viene considerato il «guru», la mente occulta, l’ispiratore di tutta la sua avventura politica, «una brava persona, che è stato fatto oggetto di ingiurie incredibili», dice Grillo: Gianroberto Casaleggio. Capello selvaggio e giacca a vento, per un giorno esce dalle retrovie dove sta volentieri, e rivela: «Io e Beppe, in questi 4-5 anni, alternativamente abbiamo deciso di buttare la spugna. Ma quando voleva lui non volevo io. E quindi eccoci qua».
Grillo chiude la campagna attaccando a testa bassa, cercando di assestare l’ultimo colpo a quello che ritiene un sistema ormai al capolinea. Non senza qualche notazione personale, come quando spiega che «sono stati mesi dolorosi»: «Hanno messo in mezzo me, la mia famiglia, i miei figli, mi hanno dato del nazista, del fascista, del comunista, mi hanno detto che sono contro i negri, gli omosessuali, le donne. Hanno detto che ho incitato Al Qaeda a bombardare il Parlamento». Tutto falso, dice, tutte invenzioni di quella stampa che è tra i bersagli principali di Grillo. Tanto che i cronisti italiani vengono tenuti fuori a lungo dall’area dove è invece ammessa la stampa straniera. Deve intervenire la polizia per far entrare i giornalisti che protestano. Ma è una farsa e vengono relegati in una zona transennata. Del resto, per Grillo, l’informazione italiana è «fascista» e «appena andiamo su, zac, tagliamo il finanziamento ai giornali».
Il «portavoce» dei 5 Stelle si esibisce in un copione già  scritto, con qualche variazione. Attacca più Pier Luigi Bersani che Silvio Berlusconi e spiega perché: «Il nano mi sta sui coglioni, è un ologramma, ma questi sono peggio. Hanno fatto finta di fare opposizione per 20 anni e invece si sono passati la borraccia, come Coppi e Bartali». A Bersani che diceva «io sono figlio di un meccanico, lui è miliardario», replica: «Io li ho guadagnati i soldi, lavorando, non sono un parassita come lui». Una battuta cattiva va anche a Berlusconi: «Dice che non è andato a Napoli perché ha la congiuntivite, invece ci ha visto bene, che non c’era più un cazzo di nessuno». Attacca anche il presidente della Repubblica che, «sotto elezioni, se ne va quattro giorni dalla Merkel».
Ma è finita, dice, «sono tutti dei falliti e tornano a casa»: «Anche il Papa non ce l’ha fatta, ed è sotto custodia dei cardinali a Castel Gandolfo».
Grillo smentisce di aver detto che vuole l’Italia fuori dalla Ue: «Lo decide il popolo con un referendum». Spiega di non avere «la bacchetta magica»: «Ci aspettano 5 anni di lacrime e sangue». Nel suo programma: l’accorpamento dei Comuni sotto i 5 mila abitanti, il risparmio energetico, il reddito di cittadinanza per i disoccupati, il taglio a doppi incarichi e vitalizi.
Rivendica l’esperienza siciliana: «Gli eletti si sono ridotti lo stipendio da 20 mila a 5.500 euro e hanno destinato i risparmi a microcredito per le aziende in difficoltà ». Attacca i sindacati, «corresponsabili del dissesto con i partiti». Poi cade in un vizietto da vecchia politica, lanciando numeri straordinari: «Siamo 800 mila in piazza e 150 mila collegati in streaming».
Davanti a lui c’è una folla eterogenea. Cartelli no tav, volontari che raccolgono rifiuti, gente che fa appelli a non buttare per terra mozziconi di sigarette. Prima di Grillo, piovono citazioni di Pasolini, di Pertini, dei «Cento passi» e di Erri de Luca. Volantinano gli esponenti del neonato «non sindacato» per i precari. Gli amministratori e i candidati martellano soprattutto sull’acqua pubblica e su temi locali: inceneritori, discariche, spiagge.
Grillo fa la sintesi: «I miracoli succedono. È finita, in una tristezza infinita. Siete circondati, chiedete scusa e arrendetevi. Siete dei falliti, delle facce da culo che devono andare a casa». Poi l’ultima botta d’avanspettacolo, per il pubblico romano: «Se vedemo, mortacci vostri».


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