by Sergio Segio | 1 Febbraio 2013 7:29
Eppure i magistrati Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso vogliono capirci di più sul giro di denaro legato alla vendita di Antonveneta, dal primo accordo dell’8 novembre 2007 alla firma definitiva il 30 maggio 2008 (closing) e nei mesi seguenti. Santander peraltro non è neanche tecnicamente il venditore, visto che le azioni erano ancora in mano ad Abn Amro. E c’è il nodo Interbanca, la banca d’affari di Antonveneta. Essa era fuori dalla vendita e per questo fu protagonista di un passaggio complesso. Il 20 maggio Antonveneta la vendette a una società di Abn Amro, la Sterrebeck B.v. per 894 milioni. Ma quei stessi soldi furono poi rigirati dalla banca olandese a Mps al closing, dieci giorni dopo. Ma la banca senese assunse altri impegni per sostituire i finanziamenti «interbancari» di Abn Amro a Antonveneta pari a 7,5 miliardi. Dove trovò Mps quei miliardi in più? Fu lo stesso Santander a concedere «linee di credito» per 5 miliardi. A queste sono collegati i bonifici che in alcune ricostruzioni hanno fatto ipotizzare presunte maxi-tangenti, che per gli inquirenti appaiono invece soltanto «fantasiose». Quanto costò questa operazione? Mps non ha «dato rilevanza contabile» a questa sostituzione del credito «poiché non strettamente correlata all’operazione di acquisizione».
Ci sono poi da considerare gli «oneri», cioè i costi ulteriori legati all’acquisizione: tra legali, banche, pareri eccetera Mps ha speso 66 milioni, altri 13 milioni come «oneri accessori alla transazione» che si sommano ai 9,23 miliardi; altri 8 milioni di commissioni sui debiti contratti; altri 45 milioni legati agli aumenti di capitale. Il tutto per una banca che aveva un patrimonio netto di 2,9 miliardi. Altri 7,3 miliardi erano invece «avviamento», cioè valore convenzionale. Adesso praticamente azzerato.
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