Ghizzoni: «Attenti allo spread Quota 270 è insostenibile»

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MILANO — Unicredit taglia del 10% le filiali in Italia: entro il 2015 scompariranno 350 delle attuali 3.600 agenzie. L’annuncio arriva dopo il consiglio di amministrazione di ieri dall’amministratore delegato, Federico Ghizzoni, che lancia anche un allarme: «Nessuno parla più dello spread ma ai livelli attuali di 270-290 punti è insostenibile per le banche e le imprese».
La mossa di Ghizzoni sugli sportelli è un passaggio ulteriore del piano industriale, visto che Unicredit ha già  raggiunto l’obiettivo di chiuderne 150. Delle nuove 350 filiali da eliminare, circa un terzo (110) sarà  chiuso entro il 2013, con un risparmio di 15 milioni di euro solo come immobili. Complessivamente dal 2009 Unicredit ha chiuso 800 filiali in Italia con un risparmio di 100 milioni l’anno. Anche in Germania sarà  avviato un piano di chiusure di filiali: 45-50 sulle 700 attuali, mentre in Ucraina saranno fuse le controllate Unicredit Bank Ukraine e Ukrsotsbank.
Ghizzoni ha assicurato che non ci saranno impatti ulteriori a livello occupazionale, visto che il personale sarà  riutilizzato negli altri canali bancari come internet, mobile banking e call center, che devono essere sempre più integrati come offerta ai clienti. Ormai «il 75% delle transazioni avviene fuori dalle filiali, che si stanno trasformando in negozi finanziari, per esempio per fornire servizi di consulenza, pur senza rinunciare ai servizi di cassa», ha detto.
Il risparmio dei costi, specie sulla raccolta, potrà  comunque arrivare soprattutto dal calo dello spread. Ma per riuscire ad abbassarlo, sostiene Ghizzoni, «abbiamo bisogno di stabilità  politica. Preferirei uno spread controllabile, più è basso e meglio è, altrimenti ci sono problemi per l’economia dell’Italia». Questo «resta uno dei temi chiave che dovrà  affrontare il prossimo governo». Tuttavia «se guardiamo gli ultimi sondaggi, c’è più vicinanza tra i diversi partiti e ci può stare qualche preoccupazione in più».
Circa il dividendo, «confermo che abbiamo lavorato per quello e ne discuteremo con gli azionisti il 15 marzo» senza escludere che i soci «possano scegliere individualmente se prenderlo cash o script» (in contati o in azioni).
Parole nette anche sul piano industriale di Rcs (la casa editrice del Corriere della Sera) di cui Unicredit è creditore e anche azionista indiretto attraverso Mediobanca: «Da profano, mi sembra un piano con un rischio di execution (esecuzione, ndr) piuttosto alto e quindi da valutare con la massima attenzione, ma non l’ho visto nei dettagli. Siccome siamo passati tutti attraverso periodi di ristrutturazione, per vendere asset e chiudere oggi non c’è un mercato facile».


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