G20: no a svalutazioni competitive ma i big evitano il richiamo a Tokyo

by Sergio Segio | 17 Febbraio 2013 8:45

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MOSCA â€” Che l’Italia sia in recessione non è una sorpresa. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli commenta serenamente i dati Eurostat sul nostro Paese: «Forse è stata una sorpresa per qualche altro ma certamente non per noi». Come venirne fuori? «Con il rigore e con la crescita che sono due aspetti sinergici e non antagonisti. Non ci può esserne uno senza l’altro». In una saletta del Maneggio degli Zar nel cuore del centro storico di Mosca il ministro ha appena partecipato alla conclusione, senza guizzi né clamorose svolte, del vertice finanziario del G20 tra ministri e governatori dei Paesi più ricchi del mondo. Partito già  con poche prospettive di risultati immediati, nonostante le ostentazioni di ottimismo dei padroni di casa e i buoni auspici di Vladimir Putin in persona, il vertice ha partorito un documento leggero leggero che ribadisce i principi generali espressi nel recente comunicato del G7. «Difficile — ammette Grilli — che in questo genere di riunioni si possano definire misure concrete per la crescita».
Ma qualcosa in più, forse era lecito aspettarselo da una riunione estenuante che ha sforato tutte le tabelle di marcia e che si è conclusa solo a notte fonda. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco tradisce un velo di delusione: “Per uscire dalla crisi c’è bisogno di riforme strutturali che non siamo riusciti a esaminare a fondo. Anche meno che in altre occasioni». Questo non vuol dire che il Governatore veda tutto nero, anzi: «I risultati non sono positivi per nessuno. Ma c’è un clima finanziario più sereno e anche le condizioni per un recupero generale dalla seconda metà  del 2013. Certo le riforme saranno fondamentali. L’Italia è sulla buona strada? E’ ancora tutto da vedere».
Le ore passate a discutere tra il Maneggio e il grande albergo di Mosca adibito al quartiere generale sono servite a esaminare soprattutto il problema della temuta “guerra delle valute”. Qualcuno avrebbe voluto un richiamo più forte alle politiche monetarie del Giappone che davanti alla crisi ha cominciato a deprezzare lo yen. Anche per lanciare un segnale a Stati Uniti e Inghilterra a loro volta tentati dal seguire la stessa strada. Ma alla fine ha prevalso la linea morbida preannunciata ieri dal Presidente della Bce Mario Draghi che di guerra valutaria proprio non vuol sentire parlare. Il documento finale dunque evita moniti e rotture e si limita a un invito: «I cambi non devono avere come obiettivo la competitività . E’ necessario mantenere i mercati aperti e resistere a ogni forma di protezionismo». Formula soft molto apprezzata dal direttore generale Christine Lagarde: «Ha prevalso lo spirito collaborativo rispetto a quello conflittuale».
Il resto sono proposte e considerazioni da rinviare ai prossimi incontri. A cominciare dalla delicata questione, della tassazione, finora troppo agevolata, delle multinazionali, avanzata con forza da Inghilterra, Germania e Francia appoggiati dagli interessatissimi russi, padroni di casa e presidenti di turno del G20. Se ne riparlerà . Come, forse, si farà  per l’appello assolutamente inconsueto lanciato dal presidente della Banca Mondiale Jim Kim che ha chiesto più attenzione alla minaccia del cambio climatico del Pianeta.

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