Ex della Nasa e «smanettoni» Quelli che si battono per la privacy

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E alla testa di un gruppo di 27 scienziati del Jet Propulsion Laboratory si era ribellato. Nel 2007 la Corte Suprema gli aveva dato torto: nessuna violazione costituzionale. La sentenza non ha però tenuto conto del ladro che ha sottratto un pc dall’auto di un dipendente della Nasa a Washington. Dentro c’erano migliaia di file con dati sensibili: nomi, date di nascita, informazioni sullo stato di salute, codici della previdenza sociale. L’agenzia aerospaziale si è dovuta scusare, ha spiegato che quasi tutti i documenti sono ormai crittografati, ma purtroppo non lo erano quelli rubati.
Un risarcimento «postumo» per il dottor Nelson che ha chiamato a raccolta i giornalisti e rilanciato la sua battaglia. Non è il solo. In giro per il mondo si moltiplicano i paladini che si battono per ostacolare (visto che è impossibile impedirle), le massicce intrusioni nella vita privata. Come Brian Kennish, ingegnere e «secchione informatico» (come si autodefinisce sul suo blog): dopo aver lasciato Google, si è dedicato alla ricerca di sistemi in grado di impedire a colossi della Rete (Facebook, Twitter, lo stesso Google) di «leggere» i dati dei navigatori e offrirgli «pagine» personalizzate (pubblicità  compresa).
A volte sono iniziative di singoli, spesso è la mobilitazione di gruppi. In Francia «Quadrature du Net» (la «quadratura della rete», impossibile quanto quella del cerchio) si è guadagnata notorietà  e reputazione. In Olanda ci sono gli attivisti di «Bits of Freedom», che aderiscono al «Big Brother Awards», riconoscimento attribuito (loro malgrado) a società  o enti pubblici che si sono distinti nel maltrattamento della sfera privata.
L’animatore dell’edizione italiana del premio si chiama Marco Calamari. È un ingegnere che una decina di anni fa ha iniziato a occuparsi di sistemi di crittografia, poi ha dato vita al «progetto Winston Smith» (dal nome del protagonista di 1984 di George Orwell). «Per metà  siamo esperti di informatica o semplici smanettoni, l’altra metà  è composta da avvocati. La privacy sta diventando una questione legale più che tecnologica» spiega Calamari. Adesso sta lavorando a «Globaleaks», un software open source che consente di divulgare informazioni in modo anonimo e sicuro. «La protezione dei dati, anche per scelta di chi va online, ormai è molto ridotta. Allora abbiamo virato l’attenzione sulla trasparenza, che è l’altra faccia della medaglia. Dare cioè la possibilità  a chi ha informazioni utili di poterle diffondere, garantendogli l’anonimato. Si potrebbe definire delazione, io credo che di fronte a crimini o condotte illegali sia un dovere civico».
In Italia alla tutela della privacy, oltre ai richiami del garante (a partire dal primo, il giurista Stefano Rodotà ), pensano soprattutto le associazioni dei consumatori. «Da noi è più una questione tra soggetti privati che la difesa contro l’ingerenza dello Stato — osserva Guido Scorza, avvocato e docente di Diritto delle nuove tecnologie —. Tanto per fare un esempio: per la lotta all’evasione fiscale sono stati concessi all’Agenzia delle Entrate poteri senza precedenti. Negli Stati Uniti ci sarebbe stata una rivolta, da noi non è successo nulla».
Insomma, è difficile trovare dalle nostre parti «crociati» come il dottor Nelson. Che ha preferito mollare il posto alla Nasa, piuttosto che sentirsi sotto controllo.


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