Elezioni, una pioggia di rimborsi sui partiti: in arrivo 159 milioni di euro
ROMA — Il conteggio delle schede uscito dalle urne è appena finito. I commenti si sprecano e le previsioni sul futuro politico impazzano. Alcuni cantano vittoria, altri si leccano le ferite. Ma c’è chi se la gode in silenzio: i tesorieri dei partiti che contano i voti e sono pronti a spartirsi nei prossimi cinque anni una torta di circa 159 milioni di euro definiti rimborsi elettorali.
A gioire però saranno però solo gli amministratori che vigilano sulle casse dei gruppi che hanno portato alle Camere almeno un parlamentare. Gli altri, alla luce delle nuove norme approvate nel luglio dell’anno scorso, resteranno a bocca asciutta. E tutti avranno un moto di nostalgia nel vedere “ballare” solo 159 milioni e penseranno al 2008 quando il “bottino” ammontava a ben 407 milioni.
La regola è che tanti voti prendi tanti soldi incassi. E dunque per ironia della sorte una bella fetta del grande del banchetto post-elettorale, 42,7 milioni di euro, dovrebbe toccare al Movimento Cinque stelle di Beppe Grillo che della lotta contro questa elargizione dello Stato ai partiti ha fatto uno dei temi forti della battaglia elettorale.
I grillini combattono una lotta senza quartiere a quello che viene considerato un finanziamento pubblico vero e proprio mascherata da rimborso. Una lotta basata sulla rinuncia a questa piccola montagna di soldi. Soldi che allo stato attuale però Grillo e i suoi militanti non potrebbero neanche ricevere. Perché le nuove norme richiedono che il partito per godere del rimborso deve avere uno statuto . E fino ad oggi Grillo si è sempre vantato di avere un “non statuto” e di essere un “non partito”.
Comunque ancora ieri la questione dei soldi dei rimborsi era al centro della “discussione” fra Pd e Movimento Cinque Stelle con Beppe Grillo che da Twitter annunciava: «Se Bersani vorrà proporre l’abolizione dei contributi pubblici ai partiti sin dalle ultime elezioni lo voteremo di slancio». E con i neo eletti grillini alla regione Lombardia, sulla scorta di quanto hanno fatto i colleghi siciliani, che proclamavano il loro rifiuto dei rimborsi e il taglio del loro stipendio.
In attesa di vedere sviluppi politici sulla faccenda, i tesorieri fanno i conti. Quello del Pd, Antonio Misiani, per esempio, dovrebbe incassare 45.856.037 euro che darebbero fiato alle casse del partito. Al Pdl, invece arriverebbero 38.060.750 euro che aiuterebbero Rocco Crimi, che è tornato al suo posto dopo avere dato le dimissioni. Soldi che farebbero molto comodo anche alla luce delle notizie circolate durante la campagna elettorale sulle casse pidielline completamente vuote.
Soldi arriveranno anche a chi viene giudicato sconfitto nelle urne. Mario Monti e il suo movimento Scelta civica, potranno contare su 7.126.437,5 euro della Camera a cui si aggiungono gli 8.002.312,5 del Senato. Ma questi 15 milioni non sono tutti del Professore che dovrà fare i “conti”, nel vero senso della parola, con gli alleati dell’Udc e di Fli con cui ha presentato una lista unica a Palazzo Madama. Casini, intanto, in proprio racimola un altro milione e 500 mila euro. Il partito del presidente della Camera invece non vedrà neanche un euro perché non ha eletto direttamente nessuno.
Ma qui entra in gioco la legge elettorale pensata nel 2005 da Roberto Calderoli. Perché Fini ha ottenuto 159.249 voti e non ha alcun deputato. Gli autonomisti altoatesini della Svp con 146,409 voti hanno invece eletto cinque deputati e porteranno a casa 366 mila euro. E soldi pubblici avranno anche Grande Sud di Gianfranco Miccichè, 350 mila euro e il Megafono di Rosario Crocetta, il “governatore” siciliano. Resta invece a bocca asciutta Rivoluzione civile di Antonio Ingroia e con lui i partiti della coalizione: Rifondazione, Verdi, Italia dei Valori e Pdci.
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