Ecco i dieci punti per far svoltare il lavoro

by Sergio Segio | 9 Febbraio 2013 9:21

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Ma una normativa dissonante rispetto alle fallimentari politiche incentrate sulla compressione (centro destra) o arretramento (centro sinistra) dei diritti dei lavoratori, finalizzate a incentivare la competitività  delle imprese o a limitare – ma inutilmente – i danni per le parti deboli, deve riguardare – con un approccio coerente e sintonico con le discipline economiche, sociologiche e politologiche, di indirizzo ugualmente alternativo alle politiche liberiste – anche tutti gli istituti giuridici più strettamente attinenti ai rapporti di lavoro,sia nella loro dimensione collettiva, sia in quella individuale. 1) Nella dimensione collettiva è più che matura – e indispensabile per la democrazia generale – l’approvazione di una legge su rappresentanza, rappresentatività  e democrazia sindacale, con la conseguente abolizione di interventi assurdi e pericolosi, quale la «legge Sacconi» (il famigerato articolo 8 della legge 48 del 2011). Per converso si tratta di riprendere, perfezionare e soprattutto trasformare in norma di legge i contenuti dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011. Contenuti che vanno implementati con la disciplina, oltre che della legittimazione dei soggetti stipulanti il contratto nazionale, anche con regole di computo della maggioranza necessaria per la valida conclusione del contratto, nonché di integrazione della sua efficacia a mezzo di referendum confermativi da parte dei lavoratori direttamente interessati. 2) Altra grande tematica riguardante i rapporti di lavoro è quella del precariato, che i governi degli ultimi anni hanno fatto dilagare (il 93% delle nuove assunzioni avviene con contratti precari), generando una situazione di assoluta illegalità , visto che la massima parte di tali contratti, concretamente conclusi, è in realtà  illegittima e dovrebbe cadere sotto la sanzione legislativa di trasformazione a tempo indeterminato. La legge Fornero ha introdotto un micidiale strumento di nuovo precariato con i «primi contratti» annuali a tempo determinato o di lavoro somministrato senza causale. Va, pertanto, rivista la tipologia dei contratti precari. Ma devono essere create anche le condizioni di una trasparenza del mercato del lavoro che, rendendo conoscibile la composizione della forza lavoro di ogni impresa, renderebbe impraticabile, per tema di reazioni, l’abuso dei rapporti precari. Si tratta di una riforma di grande efficacia e per nulla costosa. 3) Nella regolamentazione dei rapporti di lavoro è indilazionabile una revisione del concetto stesso di subordinazione, che consentirebbe di eliminare, in un colpo solo, le tante simulazioni di rapporti dipendenti in rapporti apparentemente autonomi, che sono dilagate in questi anni. Si tratta di una riforma che adeguerebbe il diritto all’economia e alla tecnica produttiva moderna, che darebbe grandi risultati in termini sociali, senza peraltro costare nulla, implicando solo volontà  politica ed un minimo di capacità  tecnico-giuridica. 4) Il tema dei diritti della persona nel rapporto di lavoro ha avuto importantissimi riconoscimenti di principio da parte dei giudici della Suprema Corte, con l’affermazione che, nel nostro ordinamento, il lavoro è l’oggetto, non solo di un obbligo, ma anche di un diritto, quale strumento di realizzazione della personalità  umana, con la conseguente illegittimità  di comportamenti ostativi a tale scopo, quali ad esempio demansionamenti, mobbing, vessazioni, esclusioni da processi formativi. Tuttavia resta necessario l’intervento del legislatore per dare una compiuta regolamentazione del conseguente profilo del danno extrapatrimoniale del rapporti di lavoro e del suo risarcimento, su cui la giurisprudenza è divisa e confusa. 5) Bisogna, poi, monitorare e riprendere con adeguati interventi il tema della cosiddetta «flessibilità » della forza lavoro, in particolare per quanto riguarda la modifica in senso garantistico della disciplina di orari di lavoro, part-time, trasferimenti e ovviamente di licenziamenti, con la ricostituzione – quale sanzione generale – della reintegra effettiva nel posto di lavoro in risposta ai licenziamenti illegittimi (e quindi anche con la ricostituzione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Tutti temi nei quali è in gioco sia la dignità  del lavoratore, sia la sua concreta esistenza. 6) Vi è ancora la problematica complessa e importante della tutela economica del lavoratore, resa attuale dalla visibile e vertiginosa caduta dei salari e del potere di acquisto. I riferimenti di tale problematica sono costituiti, da un lato, da una legislazione esplicitamente attuativa dell’articolo 36 della Costituzione, e, dall’altro, dalla incentivazione legislativa di un effettivo sistema di contrattazione articolata su più livelli, con regolamentazione vantaggiosa, ma sindacalmente controllata, del salario variabile a livello aziendale. 7) Reclamano attenzione, per un intervento riformatore, anche alcuni campi vicini a quelli del rapporto di lavoro subordinato nell’impresa privata, e dunque innanzitutto il regime del rapporto di lavoro nelle cooperative, che ha purtroppo costituito in questi anni – per il proliferare di imprese e società  che nulla hanno a che fare con lo spirito cooperativo autentico – una sorta di ultimo girone infernale riservato a extracomunitari e fasce deboli del mercato del lavoro. 8) Altro campo di grandissima importanza è quello dell’impiego pubblico, che, dopo gli interventi reazionari e distruttivi della legge Brunetta, deve essere ridisciplinato all’insegna di una nuova e vera unificazione del mondo del lavoro, sotto il profilo della centralità  della contrattazione e dell’autonomia collettiva nelle regole di utilizzazione della prestazione lavorativa. 9) Anche la relazione tra ordinamento del lavoro italiano ed europeo necessita di interventi normativi che garantiscano sia l’applicazione della regola di miglior favore nel confronto tra le due normative ai fini dell’applicazione a fattispecie concreta, sia l’effettiva e immediata fruibilità  davanti al giudice nazionale, se migliorativa, della normativa comunitaria. 10) Infine, la recente esperienza dei referendum sull’articolo 8 e sull’articolo 18 deve essere preziosamente utilizzata per la improcrastinabile riforma della legge 352 del 1970 attuativa del referendum, rivelatasi da tempo insufficiente a garantire la normale praticabilità  dell’importante istituto di garanzia. Ma, intanto, la volontà  dei lavoratori e dei cittadini firmatari dei quesiti sui temi suddetti e il generoso impegno per la raccolta delle firme non possono essere messi in forse da normative attuative mal formulate, nè da incerte interpretazioni giurisprudenziali o dall’insensibilità  di rappresentanti di istituzioni, pur compulsati. Esistono strumenti normativi e giurisprudenziali che, accompagnati dal sostegno del movimento referendario, possono e devono,come in precedenti esperienze, essere percorsi e attuati, per rendere possibile la legittima consultazione referendaria sui due temi lavoristici Nel precedente e nel presente articolo ho cercato di individuare i punti principali di un quadro molto ampio e articolato di riforme, tracciandone un sommario schizzo, nel quale ognuno può decidere circa le priorità  delle diverse tematiche. A mio avviso, tuttavia, nella ormai prossima legislatura, un effettivo impegno riformatore potrebbe, in tempi anche brevi, porre mano, sviluppandoli in parallelo, a tutti questi procedimenti e obiettivi di radicale trasformazione, funzionali al necessario cambiamento nel mondo del lavoro, che vada oltre la propaganda e l’apparenza.

*Giuslavorista, candidato «Rivoluzione civile» in Campania al Senato

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