E il Pontefice confidò al premier: ho agito per il bene dei successori

by Sergio Segio | 17 Febbraio 2013 8:39

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«L’ho fatto per il bene della Chiesa, e anche dei miei successori». E le dimissioni sono arrivate adesso perché «la Chiesa viveva una fase di tregua che alcuni mesi fa non esisteva». È necessario un Papa in grado di «abbracciare i cattolici di tutto il mondo». Quanto al futuro, la possibilità  di continuare «l’amicizia e il dialogo» col premier forse ci sarà ; ma «nelle forme che saranno stabilite». Per quaranta minuti, ieri Benedetto XVI ha raccontato a Mario Monti i motivi della sua scelta epocale. E i limiti strettissimi e insieme indefiniti nei quali si muoverà  dopo il 28 febbraio, giorno della sua «abdicazione»: un’impressione confermata quando ha regalato al premier una stampa che ritrae la fontana dei Giardini vaticani. «E’ quella che vedrò dalla mia nuova casa». 
Erano soli, mentre fuori dallo studio li aspettavano monsignor Georg Ganswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e Federico Toniato, numero due di palazzo Chigi, uomo di raccordo con il Vaticano. Ed hanno ripercorso insieme, con più di un attimo di commozione da parte di Monti, alcuni passaggi cruciali degli ultimi quattordici mesi. Ad esempio quando il pontefice tedesco intervenne sui suoi connazionali per fermare la deriva anti-italiana che stava montando sull’onda della crisi economica: una tentazione forte soprattutto fra i suoi concittadini bavaresi. Se n’era parlato vagamente. Ora il dettaglio emerge in modo quasi ufficiale; e rivela altre tensioni che si sono scaricate sul papato.
Sembra che il termine «populismo» sia emerso ripetutamente, parlando di Europa ma anche di un’Italia sulla soglia delle elezioni politiche. Ufficialmente, era il loro ottavo incontro. Anche se non si sa che in quello dell’aprile del 2012 Monti fu ricevuto in udienza da Benedetto XVI con tutta la famiglia. Ma essersi visti con questa frequenza in quattordici mesi è comunque inusuale. Non a caso, il premier è stato il primo esponente politico italiano a incontrare Benedetto XVI dopo l’annuncio delle dimissioni.
Insieme con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che vedrà  Benedetto XVI il 23 febbraio, Monti sarà  stato l’unico a raccogliere dalla voce del Papa le ragioni della sua decisione. Il silenzio dei partiti non cancella il fastidio che si avverte in alcuni di loro per un appuntamento a ridosso del voto politico del 24 e 25 febbraio. Nessuno lo dice apertamente perché sarebbe un boomerang, ma la scelta di Benedetto XVI di rivedere Monti prima di entrare in un cono d’ombra che forse durerà  per sempre, sottolinea il loro rapporto personale. Ma c’era un filo di malinconia nelle parole con le quali il pontefice ha parlato del «dopo», facendo capire che qualunque contatto personale o telefonico potrebbe diventare un’impresa.
«Ci si può sempre affidare a quello che si scrive», ha chiosato prendendo le tre penne, una bianca, una rossa e una verde, donategli da Monti. Sa che, pur restando formalmente Benedetto XVI, ogni sua mossa sarà  decisa e scandita da quello che deciderà  il suo successore. Il problema dei «due papi» in Vaticano, Josef Ratzinger e colui che sarà  eletto dal Conclave del 15 marzo, è rimasto sullo sfondo di quel probabile «ultimo incontro» fra i due. La Santa Sede si sta ponendo non solo la questione di che cosa potrà  fare Benedetto XVI in futuro. Sta esaminando perfino i contorni del ruolo che dovrà  assumere monsignor Ganswein.
L’aspetto intrigante dell’udienza privata concessa a Monti, tuttavia, rimanda anche ai rapporti fra Chiesa e politica italiana. Nei mesi scorsi, era sembrato che Vaticano e Cei volessero puntare sul presidente del Consiglio «tecnico» per marcare definitivamente le distanze dal berlusconismo; e abbozzare un nuovo fronte moderato. Poi, invece, l’interesse si è raffreddato e le gerarchie ecclesiastiche sono rifluite su un’equidistanza guardinga. L’incontro con il papa lascia intravedere che il filo fra Benedetto XVI e il premier non si è rotto. Ma è destinato a diventare qualcosa di privato: invisibile come un ex pontefice.

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