Due anni dopo la Primavera araba
Sono passati poco più di due anni da quando manifestazioni e proteste di grande intensità e forza hanno iniziato a ripetersi con continuità in Nord Africa e in Medioriente, generando cambiamenti storici con pochissimi precedenti. Nelle sue prime fasi, la cosiddetta “Primavera araba” venne paragonata alle rivolte del 1989 in Europa Orientale e fu descritta come il movimento delle popolazioni arabe contro dei regimi vecchi e corrotti in favore di governi più democratici. Fu soprattutto Al Jazeera, il canale di proprietà dell’emiro del Qatar, a diffondere le immagini delle proteste e a dare ampi spazio alle ragioni dei manifestanti. Dittatori come il tunisino Zine El-Abidine Ben Ali, l’egiziano Hosni Mubarak e il libico Muammar Gheddafi, alla guida dei loro paesi da decenni, vennero sostituti da governi democraticamente eletti.
A due anni di distanza, le situazioni nei vari paesi coinvolti dalle proteste sono molto diverse. Anche in Tunisia, per esempio, il paese che fino a pochi mesi fa veniva visto come un modello di rivoluzione ben riuscita, è iniziata una profonda crisi politica causata dall’omicidio di Chokri Belaà¯d, uno dei leader dell’opposizione di sinistra. Altri paesi si trovano a gestire la transizione senza avere forze politiche sufficientemente strutturate, come la Libia e soprattutto lo Yemen. Si sono aperti nuovi spazi per la diffusione di movimenti islamici radicali e per gruppi legati ad al Qaida. Oggi la situazione più grave complicata è sicuramente quella della Siria, dove dall’inizio del conflitto sono morte per gli scontri circa 60.000 persone. Dentro ogni foto c’è un punto della situazione sui paesi che hanno attraversato i cambiamenti più importanti.
Related Articles
Maldive, la rivolta arriva negli atolli “Turisti attenti, situazione fuori controllo”
Picchiato il presidente deposto. Ma la Farnesina: “I villaggi sono sicuri”
Escalation. La NATO si allarga alla Finlandia e apre una «Nuova era»
Finlandia 31mo paese membro dell’Alleanza atlantica. Dalla premier Sanna Marin alla destra unanime il plauso: «Pensiamo a difenderci». E Mosca per reazione minaccia di muovere i missili Iskander
Dal Paraguay al Venezuela, la strategia del golpe blando
America latina. I nuovi processi di destabilizzazione nel continente