by Sergio Segio | 21 Febbraio 2013 7:51
Una morte assurda come quella dei 31 civili di Aleppo, tra i quali 14 bambini e quattro donne, che ad inizio settimana sono rimasti sepolti sotto le macerie dei palazzi di Jabal Badro, colpiti e distrutti in apparenza da missili Scud. Un attacco attribuito alle forze armate governative impegnate in un’offensiva volta a ricacciare indietro le formazioni armate islamiste decise a prendere il controllo dell’aeroporto della seconda città siriana.
Ancora un missile ieri ha centrato a Douma, alla periferia nord di Damasco, il quartier generale della Brigata islamista Liwa al-Islam e ferito gravemente il fondatore e leader del gruppo, lo sceicco Zahran Alloush. La zona è teatro da tre settimane di un’offensiva su vasta scala dei ribelli guidati da Liwa al-Islam. Nel nord e nell’est del paese invece a condurre le operazioni sono i jihadisti del Fronte al-Nusra, di cui fanno parte miliziani provenienti da Libia, Egitto, Tunisia, Marocco, considerati i combattenti più duri dall’esercito governativo.
È una escalation che avviene di pari passo con le iniziative diplomatiche in corso per tentare di arrivare ad una soluzione politica. A fine mese andranno in Russia per colloqui il capo dell’opposizione Muaz al-Khatib e il ministro degli esteri Walid Mualem. Un incontro diretto tra i due al momento è da escludere. In ogni caso pochi credono che le parti in conflitto potranno trovare punti di intesa. A cominciare forse proprio da Mosca, alleata di Assad, che due giorni fa ha inviato a Latakia, città marittina roccaforte del regime, aerei da trasporto per evacuare decine di cittadini russi in Siria. Sono troppi gli attori di questa crisi che spingono per una soluzione militare. Secondo as-Safir, uno dei quotidiani storici della sinistra libanese e araba, la recente decisione dell’Ue di non revocare l’embargo delle armi alle parti in conflitto in Siria, sarebbe solo una copertura. In realtà , ha scritto due giorni fa l’editorialista Mohammed Ballout, Francia, Gran Bretagna e Italia continueranno ad aiutare in più modi i ribelli anti-Assad in contrasto con la linea di altri paesi europei più cauti.
Intanto nel vicino Libano, secondo «fronte» della guerra civile siriana, il procuratore militare ha richiesto la pena di morte contro l’ex ministro libanese Michel Samaha e il capo dei servizi segreti siriani, Ali Mamluk, che a suo dire avrebbero ordito degli attentati contro gli avversari politici.
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