Cipro, avanti l’alleato della Merkel

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BRUXELLES — Tornato a casa colui che chiamavano «compagno presidente Christofias», o «l’ultimo comunista d’Europa», gli elettori di Cipro si sono incamminati ieri verso la sponda opposta, nelle elezioni per la presidenza della repubblica. O almeno, hanno lanciato un primo segnale in questo senso dando il 45% dei voti a Nikos Anastasiades, giurista di 66 anni, capo del movimento di centrodestra «Unione Democratica» e membro del Partito popolare europeo. Ma il suo rivale di centrosinistra Stavros Malas, appoggiato dal partito comunista, ha avuto il 27% dei suffragi, perciò nessuno ha vinto nel primo turno: i due candidati si riaffronteranno nel ballottaggio, domenica prossima (un terzo, l’indipendente George Lillikas, ha solo sfiorato il 25%).
Considerato un po’ l’alleato di Angela Merkel nel Sud del Mediterraneo, Anastasiades ha proposto alla sua nazione inquadrata nell’Eurozona — appena 1,1 milioni di abitanti, le 3 maggiori banche alla deriva — un piano fatto di risanamento finanziario e riforme liberalizzatrici: aderendo così alle misure proposte da Unione Europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea. Quel piano è centrato anche su austerità  e sacrifici, sul modello del «rigorismo» del Nord: nonostante tutto ciò, la maggioranza relativa degli elettori ha votato chi lo proponeva. Mentre a Malas sono andati i sostegni di chi chiede meno vincoli sui bilanci. Così la piccola isola è diventata un micro-laboratorio di quanto accade nel resto del continente. E importante per tutti, alla fine: un’eventuale insolvenza di Cipro e delle sue banche «metterebbe a rischio l’euro», avverte Jorge Asmussen, componente tedesco dell’esecutivo Bce.
Tutto questo a due passi dalla Grecia sempre più in crisi, quella Grecia che è stata per Cipro la prima fonte del contagio finanziario (stasera si riunisce il governo di Atene fra voci insistenti di un ampio rimpasto, le entrate sono calate del 7% rispetto agli accordi con Bruxelles).
Il leader del centrodestra viene dunque chiamato ad affrontare la doppia sfida di Cipro: e cioè la ricostituzione di un’immagine nazionale, dopo le accuse di gestioni opache nelle finanze e contatti con la mafia russa, e soprattutto il salvataggio dalla bancarotta: l’intervento è stato richiesto a Bruxelles 8 mesi fa, e si stima che occorrano entro giugno almeno 17,5 miliardi, quasi pari all’intero prodotto interno lordo cipriota. C’è un accordo di massima, ancora da concretare: in cambio, Ue, Fmi, e Bce chiedono a Nicosia le misure che hanno accettato gli altri Paesi in difficoltà . E a Nicosia si discute. Il «compagno Christofias», l’ex presidente, solo pochi giorni fa a Bruxelles si è accomiatato dal Consiglio dei capi di Stato e di governo Ue dicendo che il suo Paese è «perseguitato e diffamato» dall’Europa.
È vero che i 17,5 miliardi sono stati promessi — con mille distinguo — dai vertici della Ue, da Fmi e Bce. I ministri finanziari dell’Eurogruppo, l’altro giorno a Bruxelles, hanno però deciso di non decidere, proprio in attesa delle elezioni presidenziali. E la Germania si mostra apertamente contraria al salvataggio: «Qui abbiamo regole comuni — ha già  ammonito Angela Merkel — non possono essercene di speciali per Cipro». Anche per quel che riguarda il convitato di pietra, cioè il Cremlino, attirato dal paradiso fiscale cipriota oltre che dal sole e dal mare: i capitali russi nelle banche di Nicosia (26 miliardi di euro secondo i servizi segreti tedeschi) fanno temere a Berlino che il salvataggio europeo finisca per beneficare anche Putin. Intanto, passato il ballottaggio di domenica prossima, a Nicosia già  si attende la «Trojka», la commissione mista Ue-Fmi-Bce che consegnerà  le sue ricette per la guarigione.


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