Chiude anche la Goodyear: 1250 lavoratori in mezzo alla strada

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PARIGI. Ieri c’è stato l’annuncio della chiusura della fabbrica Goodyear a Amiens Nord, 1250 posti di lavoro. La rabbia dei sindacalisti si è scagliata contro il ministro del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg: »Avevi detto che volevi evitare il peggio, adesso vai dal tuo amico Hollande e fai il tuo lavoro», gli hanno urlato. Goodyear si aggiunge alla lista sempre più lunga delle chiusure annunciate.
Sette piani di licenziamenti massicci in dodici mesi: le acciaierie ArcelorMittal a Florenge (2800 dipendenti, 630 hanno già  perso il lavoro), Peugeot (11.400 posti minacciati e la chiusura dello stabilimento di Aulnay in prospettiva entro il 2014), Renault (7500 posti in meno in Francia in tre anni), Air France (10% di tagli, 5122 posti minacciati), il laboratorio farmaceutico Sanofi (914 persi entro il 2014), i polli Doux (2300 posti a rischio). E adesso Goodyear. E ci sono altri casi, Virgin, per esempio, che chiuderà  i 25 negozi che ha in Francia lasciando nell’incertezza del futuro mille dipendenti o Candia, produttore di latte, che dovrebbe chiudere il sito di Lude nel 2014. Martedì scorso c’è stata una manifestazione a Parigi che ha riunito i lavoratori minacciati da quelli che con un eufemismo vengono chiamati «piani sociali». Ieri, sempre a Parigi, c’è stata una manifestazione del pubblico impiego: qui non ci sono licenziamenti, ma una diminuzione programmata delle assunzioni (fa solo eccezione la scuola, con 43mila assunzioni promesse quest’anno), ma blocco dei salari e ricorso massiccio al precariato.
L’elettorato della sinistra, che ha portato Hollande all’Eliseo si ribella e chiede dei conti. Hollande aveva promesso: «Io presidente farò votare una legge che proibisce i licenziamenti finanziari», cioè i licenziamenti di Borsa, di società  che fanno utili (il caso emblematico è Sanofi) ma che licenziano, pur aumentando i dividendi degli azionisti. Ma non è stata presentata nessuna legge in questo senso. Anzi. Arriverà  a breve in parlamento il testo dell’accordo raggiunto tra il Medef (la Confidustria francese) e tre sindacati (Cfdt, Cgc e Cftc, contrari Cgt e Fo) sulla competitività , che limita la possibilità  dei ricorsi di fronte alla giustizia, che rende più facili i licenziamenti e permette degli accordi di «mantenimento dell’occupazione» che prevedono blocco o abbassamento delle remunerazioni e aumento dell’orario di lavoro. Mentre, per i lavoratori le contropartite sono poche, da una debole tassa sugli eccessivi ricorsi ai contratti precari, all’entrata dei rappresentanti del personale nei consigli di amministrazione dei grandi gruppi e qualche vantaggio in più sulla copertura sanitaria.
La sentenza che all’inizio della settimana ha sospeso temporaneamente il «piano sociale» di Peugeot a Aulnay, con la nuova legge sulla competitività , probabilmente non avrebbe potuto esistere. Il ministro del lavoro, Michel Sapin, si difende invocando i vincoli europei e la grave situazione economica del paese. Il governo spera che il patto di competitività  possa invertire la curva della disoccupazione, che ormai colpisce più di 3 milioni di persone (che salgono a 5 se si calcola anche chi lavora solo qualche ora).
Il Front de Gauche promette di presentare un progetto di legge contro i licenziamenti di Borsa, che avrà  poche speranze di passare. Si diffonde invece il ricatto a cui sono sottoposti i lavoratori. Renault, per esempio, ha minacciato la chiusura di due siti se non verranno accettate le condizioni della direzione (aumento del tempo di lavoro, blocco dei salari). Un analogo ricatto, alla Continental, era stato accettato dai dipendenti nel 2007, ma non ha impedito la chiusura nel 2010.


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