“Chiamatemi Papa emerito” la Chiesa avrà due pontefici
CITTà€ DEL VATICANO — Con l’ordine teutonico che gli è proprio, prima ha messo da parte i libri (non tutti i più amati, solo quelli utili per qualche tempo). Poi, i documenti personali (gli atti ufficiali confluiranno nell’Archivio segreto vaticano). Infine le vesti. Il Papa ieri ha preparato le valigie. Aiutato dal fidatissimo don Georg Gaenswein, il suo segretario particolare, ora vescovo, (anch’egli alle prese con i bagagli) e dai nuovi maggiordomi che hanno sostituito il “corvo” Paolo Gabriele, Benedetto XVI ha controllato tutto e si è poi dedicato ai discorsi delle prossime ore, delicatissimi. Quello di stamattina, all’udienza generale finale, davanti a una piazza San Pietro affollatissima.
E quello di domattina, di fronte ai cardinali, che saluterà per l’ultima volta da Pontefice.
Il Papa fa le valigie, ma proprio tra le eminenze c’è chi pensa che Joseph Ratzinger — che dalle ore 20 di domani essi potranno sempre chiamare «Sua Santità » ma porterà il nuovo titolo di «Papa emerito» o di «Romano Pontefice emerito» — continuerà a contare. «Papa una volta, Papa per sempre», dice uno di loro arrivato di fresco dall’estero, facendo intuire il quadro che si prefigura all’interno della Santa Sede quando fra due mesi Ratzinger rientrerà dal riposo di Castel Gandolfo per riprendere posto, benché nel monastero interno di Mater Ecclaesiae. Da maggiogiugno in poi, dunque, il Vaticano avrà due Papi. Uno eletto e in carica. E l’altro “ombra”, in vita, pur dimissionatosi, ma recante il titolo ufficiale di «Santità » e di «Pontefice emerito». Una situazione del tutto inedita nella Storia. Perché se la presenza di due Sommi Pontefici è un deja-vù del lontano passato (Avignone docet), la coabitazione contemporanea di due Papi sotto lo stesso tetto è nuova. Benedetto XVI infatti non ha deciso di andare ad abitare in un convento in Germania, ma di restare dentro le Mura vaticane in un monastero a poche decine di metri dal Palazzo apostolico.
Ha già fatto sapere che non influirà minimamente sul suo successore. E c’è da credergli. Ma se anche non dovesse più proferire verbo dal momento in cui giovedì lascerà il pontificato, la sua presenza sarà comunque forte. E il nuovo Papa saprà che qualsiasi suo atto, qualsiasi parola pronunciata, saranno comunque osservati dall’altro uomo vestito di bianco che vive dietro di lui, nell’ombra, eppure influente per il solo fatto di esserci. Quanto è stato poi annunciato
lunedì da Benedetto, con la decisione di trasferire al suo successore il rapporto segreto dei tre cardinali anziani sul caso Vatileaks, è già un chiaro segnale che un passaggio di consegne ci sarà . E anche questo è un capitolo inedito. Che riguarderà , intanto, le carte trafugate dal suo Appartamento. Poi, si vedrà quali altri incartamenti, e anche possibili giudizi su argomenti e persone.
Giovedì Ratzinger farà dunque il suo ultimo discorso ai porporati, parlando a braccio. Un discorso molto rilevante per il Conclave. «Un atto di collegialità — lo ha definito il Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, in un’intervista al Tg1 — Benedetto XVI stima molto i cardinali. Ne ha creati 90, dei quali 67 sono tra gli elettori che stanno per eleggere il suo successore.
Ha voluto dare loro la possibilità di salutarlo personalmente, un po’ come i discepoli che salutarono Paolo a Mileto».
Alle 5 del pomeriggio partirà in elicottero alla volta di Castel Gandolfo, dove prima delle 8 di sera, quando il pontificato non sarà più effettivo, si sfilerà per sempre l’anello del pescatore. E anche il sigillo papale — «ora conservato in un determinato luogo dell’Appartamento», ha spiegato il portavoce padre Federico Lombardi — verrà distrutto come vuole la tradizione alla fine di un pontificato. Lunedì 4 marzo sarà poi la volta delle discussioni ufficiali fra i cardinali, le cosiddette Congregazioni generali che preludono alla riunione storica nella Cappella Sistina.
«Benedetto XVI si sente mancare le forze — ha rilevato Bertone — davanti all’impegno anche di grandi viaggi ha ritenuto di compiere un atto di responsabilità per il bene della Chiesa». E allora un possibile identikit del prossimo Papa, sotto il profilo personale, è delineato dal porporato francese Jean-Pierre Ricard: «Mi aspetto che sia un uomo di riflessione, di dialogo — dice l’arcivescovo di Bordeaux — e che abbia una certa esperienza internazionale. Che, dopo un Papa anziano, sia un uomo più giovane. Per i compiti che lo aspettano, sarebbe bene che non fosse un solitario: verrebbe schiacciato. Dovrà fare appello ai collaboratori, saper lavorare insieme agli altri e farli lavorare». La traccia è perfetta: un Papa giovane, forte e non solitario.
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