Cannabis, il consumo di gruppo non è reato

by Sergio Segio | 1 Febbraio 2013 8:54

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Il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti non è reato. Lo hanno sancito le sezioni unite penali della Cassazione, risolvendo un conflitto giurisprudenziale che andava avanti dall’introduzione della legge Fini-Giovanardi nel 2006. Da allora, infatti, si è diffusa un’interpretazione restrittiva rispetto al passato, orientata a punire anche l’utilizzo tra più persone. Ieri però si è sciolto il quesito sancendo che il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti è penalmente irrilevante «nella duplice ipotesi di mandato all’acquisto o dell’acquisto comune», confermando l’orientamento già  espresso dalle sezioni unite penali nel 1997. Per le motivazioni si dovrà  attendere almeno un mese.
Il nuovo pronunciamento è stato innescato dal ricorso della parte civile contro una sentenza del gup di Avellino, che il 28 giugno 2011 aveva dichiarato il non luogo a procedere («perché il fatto non sussiste») nei confronti di un uomo, finito sotto inchiesta per spaccio e per il reato di ‘morte come conseguenza di altro delitto’, a seguito del decesso di una persona che aveva acquistato e assunto con lui eroina.
Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi non hanno fatto una piega, diffondendo una nota: «La sentenza dimostra ancora una volta quanto siano pretestuose e in malafede le polemiche della sinistra sulla legge Fini-Giovanardi. L’Italia è uno dei pochi paesi che ha depenalizzato l’uso personale delle sostanze mentre ritiene reato lo spaccio: spetta alla magistratura stabilire se nel caso esaminato del consumo di gruppo siamo nell’ambito dell’una o dell’altra fattispecie». Giovanardi poi insiste: «Bisogna vedere che cosa succede in quei casi in cui un giovane acquista per altri quantità  di droga. Ho qualche dubbio che possa essere lecito che uno fa il pieno e poi lo distribuisce e in quel caso si possa parlare di uso esclusivamente personale».
La decisione di ieri avrà  conseguenze importanti sullo stato dei penitenziari della penisola. Infatti proprio questa legge, e le relative interpretazioni restrittive, hanno gonfiato le carceri fino a livelli insostenibili: «Abbiamo circa 68mila detenuti in Italia in questo momento e il 50% sono in carcere per reati legati alla droga – ha più volte sottolineato Il senatore Pd Ignazio Marino -. Il 70% di questo 50%, quindi circa 28mila persone, stanno lì per reati legati a droghe leggere. Se non ci fosse la Fini-Giovanardi avremmo la metà  dei detenuti».
La proposta di Gianfranco Fini fu presentata nel 2003, ma vide la luce solo nel 2006 grazie a un colpo di mano del sottosegretario Carlo Giovanardi: il disegno fu trasformato in maxi emendamento e inserito nel decreto legge dedicato alle Olimpiadi invernali di Torino. Secondo molti già  questo vizio iniziale implica la sua incostituzionalità .
La sentenza di ieri scardina almeno uno degli aspetti della norma che ha consentito processi e condanne per molti giovani, sulla base di un’interpretazione letterale. Spiega Franco Corleone, segretario di Forum Droghe: «La norma prevede svariate ipotesi di reato, a partire dalla detenzione ma anche la cessione a titolo gratuito, oltre alla coltivazione per uso personale. Si è fatta chiarezza finalmente sul consumo di gruppo, che porta con sé anche la cessione di droga. Il problema è che la legge Fini-Giovanardi rimane criminogena, bisogna depenalizzare la detenzione tout court».
Gli ultimi governi hanno affrontato la materia affidandosi unicamente alla repressione. La confluenza del Fondo nazionale per le tossicodipendenze in quello indistinto per le politiche sociali, falcidiato poi dai tagli fino all’irrilevanza, ha prodotto l’abbandono delle politiche territoriali di prevenzione e inserimento lavorativo.

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