by Sergio Segio | 18 Febbraio 2013 7:53
L’esplosione, avvenuta sabato alle 6 del pomeriggio a Quetta, capoluogo della regione pachistana del Belucistan, si è lasciata dietro l’orrore — e il déjà vu dell’orrore. Perché la strage di sabato, con il suo bilancio (aggiornato tre volte e ancora provvisorio) di 81 morti e 200 feriti, è l’ennesima di una serie di sparatorie e di attentati contro la comunità sciita in Pakistan, rivendicati da gruppi estremisti sunniti come Lashkar e-Jhangvi, che li considerano eretici (se non alleati dell’Iran).
È una vera è propria guerra agli sciiti. Un quinto dei 180 milioni di pachistani appartengono a questa minoranza religiosa, e sono bersaglio di un numero crescente di attacchi, non solo nel Belucistan dove sono di etnia hazara (giunti cent’anni fa dal vicino Afghanistan nella più grande e povera provincia del Pakistan, benché ricca di gas naturale e risorse minerarie) ma anche nella capitale commerciale di Karachi e nel nord tribale. Solo l’anno scorso le vittime sono state almeno 400, secondo l’organizzazione «Human Rights Watch» (il doppio dell’anno prima).
Gli sciiti di Quetta sono una comunità stoica, ma ne hanno avuto abbastanza. Sin dal 1999, squadroni della morte hanno preso di mira gli hazara puntando a eliminare l’élite di avvocati e medici, tirando giù dagli autobus e giustiziando i pellegrini in viaggio nelle zone rurali. A Karachi, miliziani sciiti hanno cercato vendetta uccidendo alcuni religiosi sunniti, ma i massacri li vedono soprattutto nel ruolo di vittime. L’attentato più cruento è avvenuto proprio a Quetta lo scorso gennaio, quando due esplosioni hanno tolto la vita a quasi 100 persone in un club di biliardo, uno dei pochi luoghi di intrattenimento. Allora la gente ha rifiutato per quattro giorni di seppellire i morti fino al licenziamento del governo provinciale. Anche ieri, la comunità ha manifestato chiedendo che il capo della polizia sia cacciato, e dando a Islamabad 48 ore per arrestare i colpevoli. Altrimenti — hanno avvertito — si faranno giustizia da soli.
Dietro l’aumento delle violenze, gli esperti leggono un’alleanza crescente tra i gruppi di miliziani anti-sciiti e i talebani pachistani. L’intelligence di Islamabad ha aiutato questi estremisti sunniti a crescere negli Anni 80 e 90, per usarli contro l’India nel Kashmir oppure in Afghanistan e in Iran, poi li ha dichiarati fuorilegge dopo l’11 settembre in nome dell’alleanza con Washington nella lotta al terrorismo. Ma Lashkar-e-Jhangvi e altri movimenti continuano a operare nell’ombra o sotto altri nomi, e oggi prendono di mira anche obiettivi governativi. Il governatore del Belucistan Zulifqar Ali Magsi, ieri, ha additato le agenzie di intelligence e di sicurezza come responsabili della strage: «Hanno paura di agire».
«Quetta è una piccola città , com’è possibile che commettano lo stesso crimine ripetutamente e poi svaniscano così facilmente?» ha domandato un insegnante. I leader sciiti chiedono ai militari di garantire la sicurezza. Ma l’esercito, da sempre il vero potere nella provincia, ha finora usato le proprie energie contro i nazionalisti beluci che lottano per l’autonomia, prestando invece scarsa attenzione agli appelli degli sciiti.
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