Aumenta il «tesoro», scudati 40 milioni

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SIENA — Lo scandalo dei «premi» ai manager, cioè le presunte tangenti incassate nell’ambito delle operazioni in derivati, assume contorni sempre più grandi: i magistrati della procura di Siena e il nucleo valutario della Guardia di Finanza hanno trovato altre decine di milioni in conti scudati che sarebbero riconducibili a uomini dell’Area Finanza del Montepaschi, quella guidata fino all’anno scorso da Gianluca Baldassarri.
Già  all’ex manager sono attribuiti dagli inquirenti circa 20 milioni di euro che nel corso dell’ultimo decennio — ma con particolare intensità  negli ultimi anni, dopo l’operazione Antonveneta del novembre 2007 — sono stati oggetto di rimpatrio attraverso il meccanismo dello scudo fiscale. Adesso i pm Antonino Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo Natalini hanno individuato nuovi conti per un’altra ventina di milioni rimpatriati con lo scudo fiscale. Anche questi ulteriori milioni di euro sarebbero da ricollegare ai manager dell’Area Finanza, come Matteo Pontone, il capo del desk di Londra di Mps, e a un altro funzionario dell’istituto senese collaboratore di Baldassarri. Tutti e tre sono coinvolti nell’inchiesta su Mps che nei vari filoni aperti — dall’acquisto di Antonveneta alla ristrutturazione dei derivati e alle presunte «retrocessioni» di denaro ai manager — ipotizza a vario titolo i reati di associazione a delinquere, ostacolo alla vigilanza, truffa, aggiotaggio per la decina di personaggi finora indagati, a cominciare dall’ex presidente Giuseppe Mussari e dall’ex direttore generale Antonio Vigni.
Con i 40 milioni di euro scudati — anche se non è detto siano tutti collegati a condotte illecite — assume forma più concreta lo scenario della «banda del 5%» delineato dall’ex banker di Dresdner, Antonio Rizzo. In una testimonianza dell’ottobre 2008 alla Guardia di Finanza di Milano nell’inchiesta sul broker svizzero Lutifin Services e sul riacquisto di 120 milioni di titoli da parte di Dresdner da Mps, Rizzo disse che Baldassarri e Pontone venivano chiamati «la banda del 5%» perché — secondo quanto gli riferì il suo collega Michele Cortese, che si occupava della vendita di prodotti finanziari per Dresdner a Londra — prendevano una percentuale su ogni transazione effettuata grazie all’interposizione di un broker che prendeva delle commissioni. In sostanza, secondo la Guardia di Finanza, avrebbero acquistato titoli «in perdita» scambiandoli con titoli «in salute» a danno di Mps, in cambio di denaro. L’inchiesta, per la quale il pm Roberto Pellicano si appresta a chiedere 18 rinvii a giudizio, venne archiviata a Milano per Baldassarri ma le carte sono state spedite a Siena. Proprio Rizzo sarà  sentito nei prossimi giorni dai pm senesi.
Ad attirare l’attenzione degli investigatori è stata una circostanza molto sospetta: ben tre funzionari dello stesso ufficio di Mps avevano fatto ricorso allo scudo fiscale, in particolare a quello del 2010. E tutti per importi molto alti. Due curiose coincidenze che hanno spinto gli inquirenti ad approfondire l’origine di quei denari. Da qui, seguendo il flusso dei soldi, l’inchiesta bis sul Montepaschi si è sovrapposta in alcuni punti a quella già  aperta relativa all’acquisizione da Antonveneta da 9,3 miliardi più gli oneri — centinaia di milioni — serviti a rimborsare il prestito interbancario concesso dal Santander alla banca padovana. Proprio un manager dell’Area Finanza del Montepaschi sta aiutando gli inquirenti a scoprire che cosa accadde al momento di trattare l’acquisizione di Antonveneta e i reali termini dell’accordo che portò a una plusvalenza di circa tre miliardi per il colosso bancario di Emilio Botin.
Baldassarri venne rimosso dal nuovo amministratore delegato Fabrizio Viola, subito dopo il suo arrivo alla guida dell’istituto, a gennaio 2012. Era la sua area, molto autonoma in Mps tanto da meritarsi i rilievi negativi della Banca d’Italia, ad aver sottoscritto sia i contratti derivati come i famosi «Santorini» o «Alexandria» sia i 22 miliardi di titoli di Stato anche attraverso contratti di «pronti contro termine» a lunga scadenza: contratti sui Btp che di fatto avevano congelato gran parte della liquidità  di Mps durante la grave crisi del debito sovrano di fine 2011. Già  le ispezioni della vigilanza interna (audit) e della Banca d’Italia tra il 2009 e il 2010 avevano sollevato dubbi ma Baldassarri non venne sostituito da Vigni.
L’argomento era che «Baldassarri era una persona brava, che sapeva fare il suo mestiere».
Fabrizio Massaro


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