Associazione a delinquere, nuove accuse a Formigoni

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MILANO — Dentro la Regione Lombardia c’è «una associazione a delinquere» promossa e formata dal presidente Roberto Formigoni, dal suo potente segretario generale Nicola Sanese e dal direttore generale della Sanità , Carlo Lucchina, che, in tandem con i mediatori d’affari di area ciellina Pierangelo Daccò e Antonio Simone, e d’intesa con gli ex vertici delle Fondazioni sanitarie private Maugeri e San Raffaele, dal 1997 al 2011 ha garantito, a fronte di appropriazioni indebite per 73 milioni (Maugeri) e 9 milioni (San Raffaele) — di cui 8 andati a beneficiare direttamente Formigoni — «una protezione globale» finalizzata a «provvedimenti regionali di favore che hanno riconosciuto indebiti vantaggi» nell’erogazione di 200 milioni di euro pubblici alla Maugeri e di oltre 400 milioni al San Raffaele. È la conclusione che la Procura di Milano trae ieri nell’avviso di conclusione delle indagini che prelude, dopo 20 giorni, alla richiesta di rinvio a giudizio per 17 incriminati. «Confermo che nessun euro di denaro pubblico è stato sperperato, la Regione esce da questa indagine come del tutto corretta e anzi con lo stigma dell’efficienza», ritiene Formigoni, che ironizza: «Che cosa non si fa per cercare di coprire lo scandalo Mps che rischia di travolgere la sinistra? M’è andata bene, pensavo mi accusassero anche di strage».
E la Maugeri patteggia
Ma per quanto possa apparire paradossale, il colpo più duro a Formigoni ieri non arriva dalla decisione dei pm Pedio-Pastore-Ruta, che pareva destinata a slittare dopo il voto, ma è assestato dalla scelta della nuova gestione della Fondazione Maugeri di smarcarsi dalle attività  dei vecchi amministratori e dunque patteggiare tutte le imputazioni: compresa proprio la corruzione di Formigoni, mettendo a disposizione della Procura, come «profitto di reato», una serie di immobili per alcuni milioni.
La lista del governatore
A fine indagini, la Procura definisce la contabilità  degli 8 milioni di tangenti in natura ricevute da Formigoni e provenienti dai 73 milioni e dai 9 milioni stanziati rispettivamente dalla Maugeri e dal San Raffaele ai mediatori e gestori esteri Daccò-Simone (la cui moglie separata Carla Vites resta impigliata in una contestazione di riciclaggio per l’acquisto di una casa con un milione proveniente dai conti esteri del marito).
1) 4 milioni e 634.000 euro per l’uso esclusivo (acquisto-locazione-equipaggio-cambusa) da parte di Formigoni di tre yacht, e cioè «Ojala» da giugno 2007 a marzo 2008, «Cinghingaia» da marzo 2008 a settembre 2008, e «Ad Maiora» da settembre 2008 a ottobre 2011.
2) 1 milione e mezzo di euro di prezzo inferiore a quello di mercato nell’acquisto dalla Limes srl (riferibile a Daccò e Simone) di una villa in Sardegna ad Arzachena «con l’interposizione di Alberto Perego, persona di fiducia e convivente di Formigoni nell’associazione religiosa dei Memores Domini».
3) 638.000 franchi svizzeri e 86.000 dollari per cinque vacanze di Capodanno (spese di viaggio, vitto e alloggio) in Argentina, Patagonia e Brasile nel 2006/2007, ad Anguilla ai Caraibi nel 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010, e a Saint Marteen sempre ai Caraibi nel 2010/2011.
4) 600.000 euro «per finanziare la campagna di Formigoni nella competizione elettorale per la Regione nel 2010» (inizialmente contestata come finanziamento illecito, ora sono assorbiti nella corruzione).
5) 500.000 euro per l’organizzazione di eventi, incontri e cene finalizzati a promuovere l’immagine del presidente Formigoni e il consenso elettorale in suo favore» in occasioni «a cui partecipavano altri uomini politici, funzionari regionali, dirigenti di strutture sanitarie private e pubbliche».
6) 70.000 euro per «l’organizzazione di cene e convention nell’interesse di Formigoni durante le edizioni del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini».
7) 18.000 euro per spese in altri viaggi aerei.
La paghetta in contanti
Non è finita. Stando alla prospettazione dell’accusa, c’era anche una sorta di paghetta in contanti per Formigoni. Non soltanto «somme tra i 5.000 e i 10.000 euro consegnate in diverse occasioni a Milano da Daccò a Perego per ulteriori spese connesse all’utilizzo degli yacht»; ma anche «somme di denaro periodicamente consegnate a Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato» ma «complessivamente non inferiori a circa 270.000 euro».
Delibere al «Caffè Sanità »
Otto milioni in cambio di cosa? Per i pm l’ex presidente Umberto Maugeri e il suo direttore generale Costantino Passerino indicavano le esigenze della Fondazione a Simone e Daccò, il quale le rappresentava in Regione. Qui «Formigoni e Sanese, nell’ambito di riunioni ristrette del cosiddetto tavolo sociosanitario interassessorile, o del cosiddetto Caffè Sanità  in cui venivano assunte le decisioni più delicate in materia di sanità , indicavano al direttore generale Lucchina il contenuto economico delle decisioni» che, «anche in assenza delle condizioni di legge», dovevano «essere recepite nel testo delle delibere regionali». A questo punto era Lucchina a «elaborare le soluzioni tecniche che fornissero una apparente giustificazione alle erogazioni delle somme richieste».


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