Assassinato l’«inviato» di Ahmadi Nejad
Una battaglia tra le più sanguinose della guerra civile, che avrebbe fatto in due giorni oltre 150 morti, tra ribelli e soldati governativi, è in corso per il controllo dell’aeroporto civile di Aleppo e della vicina base militare di Nairab. Decine di migliaia di civili in queste stesse ore fuggono dalla città orientale di al-Shaddadeh, caduta nelle mani dei jihadisti del «Fronte al Nusra» che nei giorni scorsi hanno catturato anche una diga e gran parte del giacimento petrolifero di Jbeysa. È drammatica la cronaca di queste ultime ore in Siria. Eppure c’è una notizia che più delle altre ha fatto il giro delle capitali della regione. L’agguato nel quale è morto martedì scorso, sulla strada che da Damasco porta a Beirut, del generale della Guardia repubblicana iraniana Hassan Shateri, conosciuto anche come Hussam Khoshnevis, responsabile dei progetti di ricostruzione nel sud del Libano dopo le distruzioni causate dall’offensiva militare di Israele nel 2006. Da quando si è diffusa la notizia dell’uccisione – compiuta, dicono fonti iraniane e siriane, dai ribelli anti-Assad – fioccano ipotesi e speculazioni sul ruolo di Shateri- Khoshnevis, descritto come uno stretto collaboratore del presidente iraniano Mahmud Ahmadi Nejad nonchè uno dei comandanti dei pasdaran.
Di sicuro per ora c’è che l’ufficiale iraniano era un pezzo da novanta. Ai suoi funerali a Teheran hanno preso parte figure di primissimo piano dell’establishment iraniano, come il ministro degli esteri Ali Akbar Salehi e il capo delle Guardiani della Rivoluzione Mohammed Ali Jafari. La sua uccisione, se davvero compiuta dai ribelli siriani, è avvenuta con l’attiva partecipazione del servizio segreto di qualche paese della regione o occidentale. E’ noto che accanto a soldati e ribelli che si combattono senza sosta, in Siria i paesi alleati dei due schieramenti opposti hanno inviato nutrite schiere di agenti segreti. Ed è ovvia la presenza anche di uomini dell’intelligence di Israele, paese interessato a tenere sotto controllo i movimenti dell’Iran in Siria (e in Libano) e a seguire gli sviluppi della guerra civile. È presumibile che un personaggio tanto importante come Shateri- Khoshnevis si muovesse solo nel rispetto di rigide misure di sicurezza. Ecco perchè, se agguato è stato, non può essere avvenuto senza le informazione fornite si ribelli da un servizio segreto. Secondo la tv siriana, i responsabili dell’assassinio sarebbero «collaborazionisti del Mossad» israeliano. L’ambasciatore iraniano a Beirut, Ghazanfar Roknabadi, ha parlato di «gruppi terroristi armati» aggiungendo che questa è «la migliore prova che il nemico sionista non riesce a sconfiggere la resistenza».
Dall’altra parte i ribelli siriani, desiderosi di ribadire che l’Iran alleato del presidente Bashar Assad, è impegnato in traffici di armi a favore del regime di Damasco e del movimento sciita libanese Hezbollah, non rivendicano l’agguato e chiamano in causa proprio Israele. Un portavoce dell’Esercito libero siriano, la milizia dell’opposizione, Fahd Al Masri, ha detto alla radio «Voce del Libano» che Shateri-Khoshnevis è stato ucciso nel raid aereo compiuto a fine gennaio da Israele su Jamraya, a nord-ovest di Damasco, che secondo il governo siriano ha colpito un centro di ricerche militari mentre per fonti diplomatiche occidentali un convoglio di armi destinate a Hezbollah. I ribelli ricordano anche la presenza in Siria di uomini della forza di elite iraniana «Al Quds», confermata in parte lo scorso settembre proprio dal capo della Guardia rivoluzionaria, Ali Jaafari, che però aveva parlato di «consulenze militari» ed escluso una partecipazione ai combattimenti in corso nel paese. E non manca chi paragona, per significato politico, l’assassinio del generale iraniano a quello di Imad Mughniyeh, il comandante militare di Hezbollah, avvenuto in un attentato qualche anno fa a Damasco e attribuito al Mossad israeliano.
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