Alle urne sotto la neve Il meteo diventa decisivo
ROMA — Arriva l’«Orso siberiano» e l’Italia, spaccata a metà , andrà a votare con le scarpe da neve al Nord, con l’ombrello al Centro e, forse, in maniche di camicia al Sud. Nella storia repubblicana, è la prima volta che le urne si aprono in pieno inverno: per questo partiti e sondaggisti tengono d’occhio, con qualche punta d’ansia, le previsioni del tempo. Che sono bruttine a partire da giovedì 21, in peggioramento per venerdì 22 con «neve copiosa al Nord» e in Toscana, mentre domenica sono previste nevicate anche a quote basse a Nordovest e in Emilia. Insomma, il fattore meteo stavolta avrebbe una sua influenza sull’esito del voto anche perché se l’Italia invecchia diventa più anziano anche il corpo elettorale: gli ultrasessantenni sono circa 15 milioni e rappresentano il 30% degli aventi diritto. Quanti di loro non andranno al seggio se, domenica e lunedì mattina, le condizioni del tempo saranno proibitive?
Dipende dalla regione interessata dal maltempo e dall’efficienza dei sistemi di trasporto pubblico, spiega il sondaggista Nicola Piepoli, che racconta un aneddoto tutto milanese: «In vita mia, ho visto solo due volte il tram della linea 24 deragliare a causa della neve. Bene, in tutte e due le occasioni, io e gli altri passeggeri siamo scesi dalla vettura e abbiamo continuato a piedi…». Eppure, nonostante la spiccata attitudine dei settentrionali a cavarsela bene con pioggia, neve e ghiaccio, è vero che il maltempo potrebbe penalizzare di più i partiti di governo (Pdl, Pd, Lista Monti e centristi) rispetto alle forze politiche del cosiddetto polo dello «Stato nascente» (Movimento Cinque Stelle, Rivoluzione civile, Fare per Fermare il declino)? «È ovvio», spiega Piepoli, «perché l’elettorato movimentista è più giovane, più vivo, e quindi maggiormente disposto ad affrontare qualsiasi tipo di tempo». E i numeri non sono indifferenti, va avanti il sondaggista: «Su 15 milioni di anziani, con condizioni metereologiche normali, probabilmente andranno votare 12 milioni di ultra sessantenni… Ma se cade tanta neve, potrebbe succedere che i votanti con i capelli bianchi calino a 10 se non a 9 milioni…».
Se dovesse essere davvero questo il dato di un’affluenza in calo a causa del maltempo, tra Pdl e Pd chi perderà di più? «Esattamente nella stessa misura», ipotizza il vicepresidente dell’Swg di Trieste, Maurizio Pessato, che non prevede grandi scostamenti sulla percentuale dei votanti. Invece il professore Roberto D’Alimonte, che insegna Scienze del governo e della comunicazione pubblica alla Luiss, ritiene che il «cattivo tempo penalizzerebbe di più l’elettorato di Berlusconi» perché «si tratta di persone generalmente meno motivate rispetto a chi vota per il centrosinistra». E poi ci potrebbe essere un effetto maltempo più accentuato sulla Lega che ha il suo elettorato concentrato al Nord dove le previsioni meteo sono più critiche.
I grandi partiti, comunque, dicono di non aver paura del cattivo tempo anche se in casa Pdl si registra qualche apprensione in più. «Ormai la data del voto è fissata e ce la teniamo», osserva il responsabile della macchina elettorale Ignazio Abrignani che è in giro nelle Marche per la campagna elettorale: «Qui nelle Marche, per esempio, nei centri più in alto ci potrebbe essere qualche problema con la neve e il maltempo…». Per Maurizio Migliavacca, storico capo della macchina elettorale del Pd, il maltempo invece «non provocherà scostamenti significativi sui dati dell’affluenza» anche perché, «tra la domenica e lunedì mattina, ci si può organizzare per uscire di casa».
Related Articles
PD. Renzi, gruppo separato anche al senato. Articolo 1 non rientra
Sono 26 i deputati scissionisti, 12 i senatori, a cui Nencini offre «casa». Primo arrivo da Fi. Zingaretti rilancia l’orgoglio dem, il 23 direzione. Marcucci resta il capo dei senatori, fra le lacrime
Il gioco delle Olimpiadi
Roma 2024. Il disegno urbanistico del Dossier per la candidatura della capitale era a sostegno dello sviluppo economico della città, non il contrario
Quel clima da processo storico come con Andreotti nel ’95
PALERMO — Dagli scranni della Corte d’assise lo Stato guarda se stesso, come se chi è chiamato a giudicare si specchiasse in chi ha chiesto il giudizio e chi dev’essere giudicato. Di fronte alla corte la pubblica accusa è schierata al gran completo: il procuratore Messineo, l’aggiunto Teresi e i sostituti Di Matteo, Del Bene e Tartaglia. Sulla stessa fila gli avvocati dell’ex senatore Marcello Dell’Utri, assente.