by Sergio Segio | 15 Febbraio 2013 8:27
ROMA — Un pugno di milioni per dare ossigeno ad Alitalia. Nelle casse ormai semivuote della compagnia (indiscrezioni indicano una somma vicina al centinaio di milioni e stipendi a rischio tra un mese e mezzo) arriveranno 150 milioni di euro, ad un tasso annuo che sarebbe dell’8 per cento.
Un interesse che non suona proprio come un regalo di questi tempi, visto che potranno partecipare i soci di Cai in misura proporzionale alla quota posseduta. Ad esempio, Air France, azionista con in tasca il 25% di azioni, sborserà 37,5 milioni di euro. La famiglia Riva (Ilva), attraverso la società Fire spa, ha una quota superiore al 10% e quindi “presterà ” ad Alitalia poco meno di 16 milioni. Intesa Sanpaolo e Atlantia, altri soci “forti”, si impegneranno mettendo 13,35 milioni ciascuno sul piatto di questo tavolo da poker che fino ad oggi ha visto perdere tutti i giocatori. Gli altri soci dovrebbero versare ciascuno tra i 5,7 milioni di Equinox di Salvatore Mancuso e il minimo di un milione e trecentomila euro dei Marcegaglia. Ma il condizionale è d’obbligo visto che l’accordo prevede che i soci “potranno” e non “dovranno” corrispondere il prestito.
Questa iniezione di denaro fresco sarà comunque convertibile in azioni, in modo da arrivare con la compagnia ancora operativa all’appuntamento del 28 ottobre. Una data che sancisce la scadenza dell’ultimo vincolo sulle partecipazioni possedute che da quel giorno, potranno essere vendute dai soci senza limitazioni e senza onorare diritti di prelazione. Insomma, si tratta di una iniezione di liquidità limitata ma necessaria per non rimettere indietro le lancette di Alitalia ai mesi bui del 2008 quando la vecchia azienda di bandiera, spolpata a dovere per anni, arrivò al fallimento.
Nel corso del consiglio di amministrazione che si preannunciava caldissimo, iniziato con due ore di ritardo e terminato a metà pomeriggio si sarebbero affrontate «solo questioni finanziarie» dicono a Repubblica fonti vicine alla riunione. Gli azionisti avrebbero deciso di rinviare la scottante questione dell’avvicendamento al vertice, visti i problemi più urgenti all’ordine del giorno, dalla cassa con la spia della riserva accesa, all’urgenza di dover rimettere in equilibrio l’azienda dopo il colpo del caso Carpatair. Le necessità del momento hanno così spinto tutti i consiglieri presenti ieri a mettere da parte le armi anche se trapela una certa soddisfazione dal fronte dei soci più piccoli (e insoddisfatti) guidati da Salvatore Mancuso.
La partita sul cambio dell’amministratore delegato Andrea Ragnetti è solo rinviata. Molti manager all’interno dell’azienda cominciano a guardare a quello che per molti è considerato il nuovo “uomo forte”, Elio Catania, vice presidente di Alitalia, vicino ad Intesa e a diversi soci scontenti della gestione Colaninno. Ma la questione del cambio al vertice, soprattutto se Ragnetti dovesse puntare i piedi sulla buonuscita, è solo rinviata. L’attuale ad deve attendere l’esito dell’assemblea degli azionisti, che tra sette giorni si ritroveranno sul tavolo anche il dossier prestito, e del cda del 25 febbraio con all’ordine del giorno i conti del 2012. Il giorno dopo sarà la volta dell’Alitalia
day, appuntamento con i dipendenti che 11 mesi fa incoronò Ragnetti e che quest’anno, nonostante siano partiti già i biglietti di invito col suo nome in evidenza, potrebbe diventare il suo canto del cigno.
I sindacati, non a caso, restano in trincea: il numero uno della Filt Cgil Mauro Rossi, chiede ai vertici Alitalia «una discussione seria sul profilo industriale» mentre Claudio Tarlazzi, neo-segretario generale della Uil Trasporti chiede «un piano industriale credibile e in tempi rapidi, per un netto cambio di rotta rispetto agli ultimi anni».
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