Acciaierie Mittal, operai nel cuore d’Europa
PARIGI. Gli operai delle acciaierie Mittal sono venuti ieri a Strasburgo, sotto la sede del parlamento europeo, dai siti di Liegi (Belgio), Florange (Francia), Schifflange (Lussemburgo), per gridare la loro disperazione. Il gigante indiano ArcelorMittal taglia posti di lavoro in Europa e chiude gli impianti.
L’avvenire dell’acciaio «non è più una questione nazionale ma europea – afferma Lionel Burriello, della Cgt di Florange – solo l’Europa può salvare la siderurgia di fronte a Lakshimi Mittal e ai suoi finanzieri». Una delegazione di operai è stata ricevuta dal presidente del parlamento europeo, Martin Schultz.
Mittal ha chiuso gli impianti di Liegi, tagliato in Lussemburgo e il 30 novembre ha concluso un accordo con il governo francese per una diminuzione di 629 posti di lavoro a Florange, dove i due altiforni, gli ultimi in Francia, chiuderanno definitivamente. I sindacati sostengono che con questa chiusura in Lorena si perderanno 1500 posti. Ieri Mittal ha pubblicato i dati che segnalano perdite per 3,73 miliardi di dollari del gruppo mondiale, attribuite in gran parte alla cattiva salute dell’attività in Europa e ai costi delle ristrutturazioni. È da tempo che non è più un paradosso, ma va segnalato: ieri, alla Borsa di Parigi, il titolo Mittal è salito del 2,41%, il più importante rialzo del Cac 40 (i 40 principali titoli quotati a Parigi).
Il 12 febbraio, è previsto un incontro tra il ministro francese del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, i suoi colleghi dell’Economia, il belga Jean-Claude Marcourt e il lussemburghese Etienne Schneider, con i commissari europei all’industria, Antonio Tajani e agli affari sociali, Laszlo Andor. Dovrebbero parlare del progetto Ulcos, un piano europeo per la captazione del Co2, che potrebbe portare alla riconversione dei siti in crisi.
Ma Mittal non ha nessun interesse a partecipare a Ulcos. È un altro paradosso, che spiega come funziona l’economia finanziaria a scapito dell’economia reale: Mittal quest’anno, con gli altiforni chiusi, anzi grazie a questo, intascherà 19 milioni di euro, vendendo in Borsa le «quote di inquinamento», generosamente concesse dagli stati, che non ha consumato. Per la sola Francia, si tratta di 3,8 milioni di tonnellate, che potranno essere vendute a 5 euro la tonnellata. Per la Confédération franà§aise démocratique du travail (Cfdt) è un vero e proprio «saccheggio». La Ue permette a un’industria di beneficiare delle quote di inquinamento fino a un anno dopo la chiusura.
Il sistema di scambio di Co2 è stato messo a punto nel 2005 e riguarda in Europa 10mila siti industriali. Mittal non ha utilizzato totalmente le sue quote dal 2009. «Lo stato francese non può accettare di pagare con i soldi pubblici la disoccupazione parziale – dicono alla Cfdt – non dire nulla sulle quote di Co2 non utilizzate e vendute in Borsa, senza dimenticare le molteplici esonerazioni fiscali accordate a Mittal». I francesi chiedono una nazionalizzazione temporanea dell’acciaio, ma il governo rifiuta. «Nel 2017 andranno a chiedere i voti al Medef» (la Confidustria francese) ha commentato il sindacalista di Florange Edouard Martin.
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