A Londra anche Cameron va avanti Ma rischia la leadership del partito

by Sergio Segio | 3 Febbraio 2013 8:37

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Meno tasse in cambio di un atteggiamento morbido sul provvedimento che il premier britannico intende fare approvare entro il 2015.
È finita che Cameron è rimasto sulle sue posizioni, nessuna deroga all’austerità , e non ha ceduto di un millimetro sui matrimoni. I «ribelli» pure. Così martedì ai Comuni, quando il «Marriage (same sex couples) Bill» comincerà  il percorso a Westminster, almeno 130 dei 303 deputati tory si esprimeranno per il «no» nella prima lettura. È spaccato l’esecutivo. È spaccato il partito. Ma Cameron non ci sente: la disciplina che consente agli omosessuali e alle lesbiche di unirsi e celebrare le nozze è una sua bandiera e non intende ammainarla. Anche a costo di trovarsi contestato dal ministro della Giustizia Chris Grayling, dal ministro del Lavoro, Iain Duncan Smith e dal ministro dell’Ambiente Owen Paterson, i tre pezzi da novanta (ai quali si aggiunge l’ex ministro della Difesa Liam Fox) che nell’esecutivo danno voce alla «pancia» dei conservatori.
La legge ai Comuni non corre pericoli. E la maggioranza pure. David Cameron ha lasciato libertà  di coscienza e di voto ai suoi parlamentari, dunque le defezioni non comporteranno alcun obbligo di mediazione o di dimissioni. «Chi non è d’accordo lo dirà  e si esprimerà  come crede». A garantirgli il via libera saranno un buon numero di conservatori (circa il 60 per cento di quelli che siedono ai Comuni) e le pattuglie sia dei liberaldemocratici sia dei laburisti. Ma la spaccatura fra i tory ha i contorni e i contenuti di un caso politico delicato. Le divisioni sono profonde, partono dalla base del partito, dai collegi elettorali e arrivano ai vertici.
Sono solo 19 i parlamentari che hanno pubblicamente aderito alla campagna di «Coalition for Marriage», un’associazione che fa lobby per bloccare la legge ma l’area del dissenso, stimata da Downing Street, è ben più vasta e si attesta su quel numero (130) che potrebbe uscire dal primo dibattito, il 5 febbraio, e dalla prima conta dei sì e dei no. Negli ultimi giorni molti incerti sono stati spinti a schierarsi contro le indicazioni di David Cameron a causa delle defezioni fra i simpatizzanti. «Ci sono cose ben più importanti da approvare che non la legalizzazione del matrimonio fra i gay», ha per esempio contestato Gavin Barwell eletto nella constituency di Croydon, uno dei peones tory (i backbencher dei Comuni senza incarichi ufficiali) spaventati dagli abbandoni registrati nelle sedi periferiche del partito. «Sono a decine le persone che ci stanno lasciando» hanno protestato i conservatori del Somerset. E lo stesso ritornello echeggia dalle aree di maggiore radicamento del partito.
Nonostante questi segnali David Cameron ha ripetuto ai suoi collaboratori che non cederà : «È una questione di coerenza e di civiltà ». Per lui la legge è un compromesso che garantisce ai gay e alle lesbiche il diritto di sposarsi, con rito civile o con rito religioso, ma che non impone obblighi alla Chiesa. I ministri del culto potranno rifiutare di celebrare le nozze.
Nessuna incertezza. Nonostante quegli ostacoli che si stanno materializzando dentro e fuori il partito. Forse il più pericoloso è alla Camera dei Lords, dove gli schieramenti a favore e contro sarebbero più o meno alla pari. Le invettive, invece, che gli vengono lanciate dai suoi compagni per ora non sortiscono effetti. Non hanno turbato Cameron neppure gli strali di David Silvester, un consigliere comunale tory, che gli ha messo per iscritto la maledizione: «Farai presto i conti con la disapprovazione del Signore». Al massimo avrà  toccato ferro.

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