Yemen, si avvicina l’esilio per Saleh Italia pronta ad accogliere l’ex presidente
SOGNA il lago di Como, Ali Abdullah Saleh, ex presidente dello Yemen e tuttora “uomo forte” in grado di tenere sotto controllo il Paese. Ha chiesto il visto italiano, l’ha ottenuto, e chissà … Saleh è un personaggio controverso, c’è chi lo considera “padre della patria”, che ha in effetti unificato, e chi sottolinea la repressione sanguinosa avviata per fermare le proteste della “Primavera”, prima delle dimissioni.
La partenza è prossima, scrivevano ieri le agenzie Associated Press e France Presse, senza però dare per sicura nessuna meta. Ma nel paese mediorientale è diffusa l’idea che Saleh pensi al nostro paese per un esilio dorato, dopo aver affidato la sua poltrona al vice, esponente dello stesso partito. La notizia è comparsa sui giornali yemeniti, e dal nostro ministero degli Esteri è arrivata un’ammissione generica sulla trattativa che ha portato alla concessione del visto. Non si tratta di asilo politico, visto che Saleh ha negoziato la sua uscita di scena da Sana’a garantendosi per legge l’immunità . In teoria, quindi, l’ex presidente non sarebbe un rifugiato politico: volendo, ha diritto a restare nel suo paese.
Chi ha seguito da vicino la trattativa sostiene che i motivi principali per il viaggio in Italia sono legati alle condizioni di salute dell’ex presidente, rimasto ferito
gravemente in un assalto con granate Rpg al compound presidenziale il 3 giugno del 2011. Colpito da schegge, con ustioni gravi, Saleh era stato trasportato in Arabia Saudita e operato in un ospedale militare, ma il ricovero aveva avviato il passaggio del potere al vicepresidente Abd Rabbuh Mansur Hadi.
Saleh potrebbe fare una convalescenza tranquilla dalle nostre parti, oppure potrebbe tornare in Arabia Saudita, dove in più avrebbe la sicurezza di non essere disturbato dai militanti delle organizzazioni per i diritti umani. A “tentare” Saleh verso l’Italia, dicono a Sana’a, sarebbe stato il fatto che Roma ha subito aperto le braccia, contrariamente ad altri paesi occidentali, che hanno negato il visto. Fino a ieri il rapporto di Saleh con l’Italia non sembrava degno di nota: due visite ufficiali, qualche viaggio privato, compresa una breve permanenza sul lago di Como per incontrare lontano da orecchi indiscreti l’allora ministro della Difesa saudita Sultan bin Abdulaziz.
Restano da capire le ragioni italiane. «Motivi umanitari», insiste chi ha seguito il negoziato. Ma non sembra plausibile immaginare la diplomazia al lavoro solo per garantire le cure mediche a un ferito eccellente. Chi chiedeva quale potrebbe essere l’interesse italiano per un presidente esiliato, a Sana’a trovava espressioni di compatimento.
«Saleh è sempre un uomo potentissimo », spiegava un analista locale, «il figlio fino a ieri era alla testa della Guardia presidenziale, il fratellastro controlla una parte della forze armate. E il suo clan resta un punto di riferimento indispensabile per chiunque voglia avere a che fare con lo Yemen».
Ci sono diversi argomenti che potrebbero aver convinto la Farnesina a usare un metro di riguardo per Saleh, dice un diplomatico esperto di Yemen: «Le riserve
energetiche individuate nelle zone desertiche del Rub al Khali, al confine con Oman e Arabia Saudita, per esempio». Si parla di petrolio e gas naturale. Si è parlato anche di giacimenti off-shore, al largo di Aden. «Poi ci sono le prospettive di grandi appalti», insiste il diplomatico. La torta più appetitosa sembra quella degli impianti per la desalinizzazione dell’acqua di mare: lo Yemen soffre di cronica scarsità d’acqua, la falda che disseta Sana’a potrebbe non bastare più già dall’anno venturo, già adesso si pesca sotto i duecento metri. La pensione sul lago di Como, in altre parole, vuol dire buoni affari per l’Italia. Purché non siano camuffati da preoccupazioni umanitarie.
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