Un piano per rilanciare il lavoro Agenda Pd, la pagina di Camusso

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Il nuovo, auspicato, governo Pd-Sel, con o senza il supporto al Senato della Scelta Civica di Monti, non deve scendere a patti con le proposte di Pietro Ichino (ex Pd e ex Cgil), Giuliano Cazzola (ex Pdl) e Alberto Bombassei già  candidato alla presidenza di Confindustria, schierati al gran completo sul fronte della contro-riforma della riforma Fornero. Il conflitto ha già  prodotto un duro conflitto interno al Pd quando Ichino duellava con Stefano Fassina, responsabile lavoro del partito, e con Cesare Damiano sul «contratto unico», l’«apartheid» dei non garantiti voluta a suo avviso dai garantiti, l’abolizione dell’articolo 18 e le tutele per i precari, in particolare il reddito minimo. E nei prossimi mesi si riproporrà  su scala ancora più grande quando si tratterà  di «collaborare», come più volte annunciato dal Pd, con Monti. Quindi niente sospensione dell’articolo 18 per due o tre anni per i neo-assunti (proposta Ichino-Cazzola) e niente «contratto unico» di Ichino a sostituzione della panoplia dei 46 esistenti. Cazzola ha già  annunciato che non lo riproporrà , visto che già  il nome fa inorridire la sinistra Pd e Cgil al solo parlarne. Ma non basterà  se i «montiani» continueranno a ripetere che l’«apartheid» dei non garantiti è stata prodotta «dalle resistenze del sindacato a difesa degli insider» come si è letto in una delle bozze del «piano» circolate in questi giorni. Per la Cgil la «politica liberista che ha indebolito la legislazione del lavoro, la sindacalizzazione e la tutela contrattuale del lavoro «atipico». Una strada da cui però sarà  difficile distogliere i montiani, convinti sostenitori dell’individualizzazione del rapporto di lavoro. Per la Cgil la riforma Fornero va, se non abolita, di certo rivista perché favorisce il licenziamento dei precari, invece di rafforzarne la posizione. La vittoria della partita per l’autosufficienza al Senato sarà  dunque decisiva anche, se non soprattutto, sul lavoro. Se Bersani-Vendola la perderanno i «montiani» impediranno di ascoltare la Cgil che ha in progetto di risollevare un’economia tecnicamente in depressione. Rifacendosi al «piano del lavoro» voluto da Di Vittorio nel 1949, Corso Italia vuole «ridare centralità  dell’intervento pubblico come motore dell’economia». Agente principale dovrebbe essere la Cassa Depositi e Prestiti presieduta dal Pd Franco Bassanini per finanziare con circa 60 miliardi di euro un «piano di legislatura» Una ventina di miliardi dovrebbero andare alla creazione di posti di lavoro, tra i 5 e i 10 agli ammortizzatori sociali e circa 15 per un «nuovo» Welfare, 4-10 ai progetti operativi e 15-20 da una riforma «organica» del sistema fiscale in senso progressivo e una patrimoniale sulle grandi ricchezze (Igr) a sostituzione dell’Imu che Bersani non intende rimuovere. Altri 20 miliardi da una spending review sui costi della politica. L’occupazione dovrebbe crescere del 2,9% in tre anni. Gianni Rinaldini (Cgil che vogliamo) ha denunciato che sul piano del lavoro il Direttivo nazionale Cgil e la conferenza di programma non si sono pronunciate: «È stata la segreteria a convocare la conferenza di programma in piena campagna elettorale e a scegliere quali forze politiche invitare». Per Giorgio Cremaschi (rete 28 aprile), Camusso «non chiede la cancellazione delle controriforme del lavoro», fa uno spot elettorale per il centrosinistra e appoggia la candidatura al Quirinale di Giuliano Amato «il pensionato di platino autore nel 92 di un disastroso accordo che Trentin definì come un agguato».


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