Un Cavaliere al passato per nutrire la speranza di rimonta elettorale

Loading

Dunque comunisti, giudici faziosi, «centrini inutili». E ancora riforme della Costituzione, abbassamento delle tasse; e naturalmente alleanza con la Lega. È uno schema che gli fa sperare di rimontare la china di sondaggi tuttora impietosi, e di dare il meglio di sé sul piano delle apparizioni televisive. Ma non è soltanto per questo che l’ex presidente del Consiglio ritorna fra gli applausi dei fedelissimi, alcuni dei quali fino a qualche settimana fa speravano magari in una candidatura nelle liste di Mario Monti. La verità  è che Berlusconi non ha altra identità .
Come capo del governo non ha fornito grandi prove, anzi: l’epilogo del suo centrodestra nel novembre del 2011 è stato drammatico e insieme umiliante. La conferma è data dal «no» leghista a vederlo come proprio candidato a palazzo Chigi anche questa volta. Ma come macinatore di voti, il Cavaliere rimane un professionista. E la sua strategia rimane quella dell’autoesaltazione e della guerra psicologica contro gli avversari: formalmente i partiti del centrosinistra, in realtà  soprattutto le liste che fanno riferimento a Monti. Non sorprende dunque che Berlusconi neghi di avere come obiettivo il 20 per cento e si attribuisca il traguardo del 40, sostenendo che i centristi «valgono il 10 per cento».
Combatte non per la vittoria, ma per la sopravvivenza politica. E sa che per rimanere un interlocutore indispensabile e partecipare alla ridefinizione degli equilibri del potere nella prossima legislatura, deve ottenere un risultato: avere abbastanza voti da impedire che al Senato, il più in bilico, l’interlocutore di Pier Luigi Bersani e della sua maggioranza sia Monti e non lui. Per questo arriva a suggerire all’elettorato di votare magari a sinistra, ma non per il premier e per «Fini e Casini», additati come il simbolo di una politica infida. Se dopo il 25 febbraio si profilasse una coalizione che può fare a meno del Pdl, il ruolo berlusconiano diventerebbe residuale. Con conseguenze già  intuibili: la diaspora del suo partito, arginata abilmente, subirebbe un’accelerazione inevitabile; e la fine del «berlusconismo» diventerebbe ufficiale.
Invitare Bersani al confronto televisivo e dargli del pavido perché lo rifiuta, in quanto Berlusconi non è candidato a palazzo Chigi; evocare la preoccupazione «di certe autorità » che a suo dire vedono la sua incolumità  in pericolo; e accusare i giudici del processo Ruby a Milano di condizionare la campagna elettorale, sono tutti frammenti della stessa narrativa: un leader solitario contro tutti. Nell’operazione, Monti non è più il premier che ha salvato l’Italia sul piano internazionale dopo i guasti del governo Berlusconi. Il Cavaliere tende a rimpicciolirlo, a schiacciarlo nel ruolo di «complice»: della Germania, di Bersani e degli odiati Fini e Casini. Non è che Monti e la sua lista non esistano: non «devono» esistere, per consentire al bipolarismo vecchia maniera di imporsi di nuovo all’elettorato; e di garantire la sopravvivenza delle alleanze del passato: pazienza se a rapporti di forza invertiti.
Tutto il resto, a cominciare dallo spread dimezzato e oltre rispetto ad un governo del centrodestra che rischiava di portare l’Italia ad una situazione «greca», è ridotto a «imbroglio». E le misure tormentate che hanno permesso di riequilibrare i conti pubblici, sono presentate da Berlusconi come una caricatura da incubo; e dalla sinistra come un male necessario ma da curare. Per Monti, «Berlusconi ha già  illuso gli italiani tre volte. Mi ricorda il pifferaio magico con i topini che vanno ad annegare nel fiume». Quanto ai risultati, rischiano di essere vanificati in pochi mesi se al governo vanno «un nuovo illusionista» o «un vecchio illusionista ringalluzzito». Eppure, nel 1994 il Cavaliere illuse anche lui che, ammette, lo votò; né è chiaro quale «verità » prevarrà  nelle urne. Le metamorfosi sono sempre dolorose. E la loro riuscita deve fare i conti con la paura istintiva per le novità .


Related Articles

Bresso: «Risparmiare? La dittatura costa meno»

Loading

TORINO — Insieme e Uniti, ma ognuno per conto suo. Due liste nel nome di Mercedes Bresso, entrambe formate da una sola persona, entrambe destinatarie di una dote annua di 225.000 euro. Il Piemonte ne ha altre sei, un primato di dubbio prestigio che contribuisce a portare le spese di finanziamento delle attività  politiche a quota 7,5 milioni di euro.

La finta innocenza dell’antipolitica

Loading

Uno degli aspetti più insopportabili del pensiero collettivo di oggi è la tendenza a sovrapporre interpretazioni fasulle a problemi reali. Ecco per esempio prendere piede, e insediarsi stabilmente nel linguaggio e nelle coscienze, questa minacciosa e seducente categoria dell’antipolitica.

Di destra o di sinistra: quando i numeri sono un’opinione

Loading

Nel Paese della politica anche i numeri sono politici: il numero uno, il due, il cento, il mille, da che parte stanno? Sono di destra o di sinistra? In matematica la regola sarebbe che «cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia». Da noi ogni giorno si fa politica cambiando l’ordine dei fattori, perché ognuno «dà  i numeri» a modo suo e come gli conviene per dimostrare la propria tesi.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment