Storia di un Segreto Inconfessabile
La Nato, grazie alla pressione discreta ma determinata del capo dello Stato e del suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, consegnò alla nostra magistratura l’elenco degli aerei militari in volo la sera del 27 giugno 1980 (una quindicina) identificandoli tutti ad eccezione di due/tre caccia, che dall’incrocio con i dati registrati sui tracciati radar del sito della Difesa aerea di Poggio Ballone risultarono appartenere all’Armée de l’air che operava sulla base corsa di Solenzara in Corsica. Più specificamente, il radar italiano aveva visto i caccia decollare e rientrare a cavallo dell’ora dell’abbattimento del DC9 (le 20,59). Peccato che su questo punto cruciale la posizione francese sia sempre stata negativa, al punto da dichiarare che l’attività di volo sulla base era cessata a partire dalle ore 17. In totale contraddizione con quanto dichiarato da alcuni testimoni oculari, tra i quali il generale dei carabinieri Bozzo, collaboratore del generale Dalla Chiesa. La storia si è ripetuta di recente con le autorità di Bruxelles. In quei giorni del 1980 a Solenzara c’erano dei caccia della difesa aerea belga. Gli equipaggi videro o seppero qualcosa? La risposta è stata questa: non possiamo dire nulla per motivi di sicurezza nazionale. Quale? Quella belga? O quella francese?
I magistrati italiani sarebbero arrivati a un’altra scoperta. L’identificazione di un aereo radar americano Awacs, che al momento dell’esplosione del DC9 stazionava sulla verticale dell’isola d’Elba. All’identificazione, i magistrati hanno fatto seguire una rogatoria agli Stati Uniti per conoscere natura di quella missione, nomi dei componenti dell’equipaggio e dati di registrazione ancora disponibili. L’Awacs vide cosa accadde? Possibile. Anzi, quasi certo. Che si trattasse di un Boeing 707 E-3A Sentry l’aveva scoperto il giudice Rosario Priore nel corso della sua inchiesta. Conferme erano venute da ufficiali e sottufficiali di Poggio Ballone, della base di Grosseto e dallo Stato Maggiore della Prima Regione Aerea. Ma sulla qualità della missione, sulla nazionalità e la rotta era emerso poco o nulla. Anche perché i documenti che avrebbero potuto aiutare l’indagine erano stati distrutti, guarda caso, tra il 1988 e il 1989. È stato il working group sulla strage di Ustica della Nato a rimettere l’Awacs al centro dello scenario. E durante le due visite di lavoro dei magistrati della Procura di Roma a Bruxelles, gli specialisti dell’Alleanza (nei termini formali che sembrano non dire e invece dicono molto), hanno escluso che nel 1980 quell’aereo — la cui esistenza era stata da loro stessi certificata nell’allegato del 2 ottobre 1997, trasmesso dal consigliere giuridico De Vidts all’ambasciatore italiano presso la Nato, Jannuzzi — fosse in forza alla Nato che ne aveva ricevuti 17 ma a partire dal 1982, e implicitamente ne hanno confermato la nazionalità .
All’epoca l’E-3A Sentry in dotazione alla US Air Force montava un radar capace di monitorare il traffico aereo in un raggio di oltre 460 chilometri. Dunque, ciò che accadde la sera del 27 giugno 1980 nel cielo di Ustica fu inquadrato dall’Awacs che, secondo tracciati e testimonianze, era sotto il comando della Quinta ATAF (Allied Tactical Air Force). E fu inquadrata nel suo svolgimento anche la missione dei caccia francesi che si dirigevano verso il Tirreno meridionale e che l’ex presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga (ma non solo lui) indicò come responsabili dell’abbattimento del DC9. Adesso la palla torna all’Eliseo. Chi busserà alla porta del presidente Hollande per chiedere conto del segreto inconfessabile della strage di Ustica?
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