Siria e incubo chimico Netanyahu dispiega le batterie antimissile

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GERUSALEMME — Sono passate meno di ventiquattro ore dal voto, i risultati si stanno definendo, il premier Benjamin Netanyahu capisce di non aver vinto con il distacco che sperava, convoca un vertice con i generali e i capi dei servizi segreti. «Il Medio Oriente non aspetta», ripete. «Non si adegua ai nostri ritmi, alle trattative per far nascere la nuova coalizione».
Quella riunione d’emergenza sì è svolta mercoledì scorso, da allora il governo israeliano ha intensificato i segnali, moltiplicato i messaggi da far arrivare agli alleati, deciso di rendere pubblica la preoccupazione. Domenica Netanyahu ha aperto l’incontro settimanale con i ministri avvertendo «dobbiamo guardarci intorno, la Siria si sta disintegrando e non sappiamo a chi potrebbero finire le sue armi chimiche». Il vice Silvan Shalom ha parlato poco dopo alla radio dell’esercito: «Se gli arsenali dovessero passare agli Hezbollah libanesi o altri gruppi estremisti, cambieremo il nostro approccio fino all’intervento militare». 
Chi abita nel nord di Israele, verso il confine con il Libano e la Siria, racconta di decolli a ripetizione dalle basi dell’aviazione. Alla periferia di Haifa sono state dislocate due batterie Iron Dome, il sistema antimissilistico sperimentato negli otto giorni di guerra con Gaza a metà  novembre. «Dobbiamo essere pronti a colpire e a difenderci dalle rappresaglie», spiega una fonte militare all’agenzia France Presse
Il primo ministro ha incontrato Dan Shapiro, ambasciatore americano in Israele, e spedito il consigliere per la Sicurezza nazionale in missione a Mosca perché convinca i russi a cooperare. «Le armi chimiche siriane — commenta l’analista Amir Rappaport sul quotidiano Maariv — non preoccupano solo noi. Il Pentagono ha già  preparato i piani, ma non è chiaro se il presidente Barack Obama sia pronto a renderli operativi e quando». Alex Fishman su Yedioth Ahronoth fa notare che «i cicli di allarme e calma sul fronte libanese sono destinati a diventare più frequenti. Ci sono buone probabilità  che in uno dei prossimi momenti di tensione si arrivi allo scontro».Haaretz è convinto che il premier stia sfruttando l’inquietudine — reale — anche per influenzare le trattative con il partito di Yair Lapid, secondo alle elezioni: il fragore di un possibile conflitto zittisce le richieste politiche.
Obama ha scelto proprio ieri — quando Netanyahu cominciava a non sperarci più — per telefonargli, complimentarsi per la vittoria elettorale e ribadire «di voler lavorare insieme al nostro programma per la pace e la sicurezza in Medio Oriente». La Siria è uno dei fronti della sfida a distanza con l’Iran. Ali Akbar Velayati, consigliere dell’ayatollah Khamenei, ha avvertito pochi giorni fa che un intervento contro il regime di Bashar Assad sarebbe considerato come una dichiarazione di guerra. Teheran ha anche annunciato di aver lanciato una scimmia nello spazio per dimostrare le proprie capacità  missilistiche.
Netanyahu continua a considerare il 2013 l’anno fatidico per fermare lo sviluppo dell’atomica iraniana, gli statunitensi non sono d’accordo e dilazionano la data. La guerra segreta al programma nucleare continua. Il giornale britannico Sunday Times ha raccontato di un’esplosione in profondità  nella centrale di Fordow, 240 lavoratori sarebbero rimasti imprigionati nei bunker. Lo scoppio è stato rivelato dal sito Wnd.com, vicino alla destra americana. Fonti israeliane confermano la deflagrazione, Teheran smentisce.
Davide Frattini


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