Scandalo all’Onu l’inno offende i morti di Srebrenica

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NEW YORK â€” Ma come si fa a ballare al ritmo della canzone che accompagnò una delle più feroci e vergognose stragi dei giorni nostri? Povero Ban Kimoon. Il segretario dell’Onu era balzato, anche lui, in piedi, le mani che facevano clap clap, per salutare estasiato l’esibizione vocale di Viva Vox, il fiero ensemble di voci serbe che s’era lanciato, per quell’inaspettato bis, in un classico della tradizione patriottica di lì.
“Mars Na Drinu” in serbo, “Marcia sulla Drina” in italiano, per la verità  non compariva nel programma ufficiale: chi se lo sarebbe aspettato il tempo di un’encore al concerto dell’Assemblea Generale dell’Onu? E certo non si può pretendere che il segretario della più grande organizzazione internazionale possa riconoscere gli inni di tutti i suoi 192 stati membri — per tacere degli “osservatori” Vaticano e Palestina. No, certo, lui no: però il presidente generale dell’assemblea, Vuk Jeremic, che è serbo e di diplomazia dovrebbe intendersene visto che è l’ex ministro degli Esteri, poteva anche evitargli questa vera e propria trappola.
Ok, per Vuk e tanti serbi “Mars Na Drina” è una specie di “Canzone del Piave”. Solo che il canto nato appunto durante la Prima guerra mondia-le, per ricordare una tristemente famosa battaglia funestata dal sacrificio dei serbi, s’è trasformato negli anni Novanta nella colonna sonora dell’orrore: diventando l’inno ufficioso degli stessi serbi che massacravano i civili in Bosnia. Come a Srebrenica: dove sulle note di “Mars Na Drina” nel 1995 più di 8mila persone, tanti bambini, furono trucidati senza pietà . Figuratevi dunque la comprensibile e sdegnata reazione delle associazioni dei sopravvissuti. Increduli per quell’esibizione insensata anche due volte: visto che proprio sotto gli occhi dei peacekeeper dell’Onu furono condotti quei massacri.
Scoperta la clamorosa gaffe, al povero segretario non è restato che scusarsi. «Ci dispiace profondamente di aver recato offesa con questa canzone» ha detto il portavoce Martin Nesirky: specificando appunto che non faceva parte del programma originario. Sarà . Però colpisce la chiusa dello stesso presidente dell’assemblea serbo: che al contrario ha patriotticamente difeso l’inno. «Siamo molto orgogliosi di “Mars Na Drina”» ha detto in una dichiarazione ufficiale «e volevamo dividere la canzone con il mondo intero: come chiaro messaggio di riconciliazione per le attuali e future generazioni ». Chiaro, no? La canzone non è stata suonata per caso: per scelta. Ma non chiedete al povero Ban Ki-moon di riaccendere, adesso, la polemica: è troppo impegnato a ripassare i passi che proprio lì all’Onu gli ha insegnato davanti alle telecamere di tutto il mondo un suo concittadino, il sudcoreano Psy. Sì, proprio il tormentone “Gangnam Style”. Alla faccia di tutte le crisi — come direbbe il presidente della sua assemblea — «delle attuali e future generazioni».


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