Rivelò l’uso della tortura. Incastrato dalla «soffiata» a un giornalista

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NEW YORK — Quando l’Fbi gli telefonò per chiedergli una mano «su un certo caso», il 48enne veterano della Cia John Kiriakou non esitò un attimo. Ma, una volta nell’ufficio dei due agenti, l’ex capo del Controterrorismo Usa in Pakistan che nel 2002 firmò la cattura del presunto «numero tre» di Al Qaeda, Abu Zubaydah, impiegò ben poco a capire chi fosse il vero obiettivo dell’indagine. «In questo istante stiamo effettuando un mandato di perquisizione a casa tua», gli rivelò il funzionario più anziano.
Un anno più tardi, il prossimo 25 gennaio, Kiriakou entrerà  nei libri di storia come il primo agente nei 60 anni di vita della Cia a finire in carcere per una «soffiata» a un giornalista. La pena inflitta all’ex 007 greco-americano padre di cinque figli — 30 mesi di reclusione — fa parte del patteggiamento concordato dopo che Kiriakou ha ammesso di avere violato l’Intelligence Identities Protection Act, inviando a un giornalista freelance una email col nome di un altro agente segreto della Cia.
Anche se il freelance non ha mai pubblicato quel nome, Kiriakou ha commesso un reato punibile fino a 30 anni di reclusione in base alla legge varata nel 1982 soprattutto per colpire le testate più radicali che «cercano deliberatamente di svelare l’identità  degli agenti segreti, mettendo a repentaglio la loro vita».
Il suo caso getta luce su un aspetto poco noto dell’amministrazione Obama, che ha avviato ben sei procedimenti (un record) contro altrettanti funzionari accusati di passare informazioni riservate alla stampa, (tra questi la «gola profonda» di Wikileaks, Bradley Manning). Ma a differenza dei suoi colleghi, Kiriakou è considerato nell’ambiente un vero patriota e un agente modello, che oltre a parlare arabo e greco, ha guadagnato ben 10 medaglie sul campo distinguendosi come uno dei massimi specialisti di Al Qaeda.
Non è un caso, dunque, che la sua condanna abbia scatenato roventi polemiche sui media, che accusano Obama di essere addirittura più antiliberale del suo predecessore Bush Jr. A favore di Kiriakou si è schierata una coalizione eterogenea di progressisti, ex spie, giornalisti di grido e conservatori cristiani contrari alla tortura. Unanimi nel ritenere che Kiriakou sia stato punito non per aver rivelato l’identità  del collega ma per essere stato il primo, in un’intervista Tv del 2007, a denunciare il waterboarding, l’annegamento simulato usato dalla Cia sotto Bush figlio durante gli interrogatori e poi abolito in quanto considerato una forma di tortura.
«Kiriakou va in prigione per aver spifferato i segreti sulla tortura da lui osteggiata», ha twittato il premio Pulitzer Nicholas Kristof sul suo account @NickKristof. La Cia non gli perdona di essere stato per anni la fonte ufficiale dei giornalisti specializzati in servizi segreti e tortura. «Eppure la sua loquacità  con i cronisti non ha mai messo in alcun pericolo la sicurezza nazionale», puntano il dito adesso i suoi paladini, tra cui il regista Oliver Stone e molti professori della Liberty University, dove Kiriakou ha insegnato negli ultimi tempi.
Tra i suoi difensori c’è anche Bruce Riedel, ex veterano della Cia cui Obama propose la direzione dell’agenzia nel 2009, che dopo aver lavorato con Kiriakou negli anni ’90, lo definisce «un agente di eccezionale talento che non merita di andare in prigione». «E’ ironico che sia il solo agente della Cia a finire in carcere per la tortura che aveva pubblicamente denunciato», teorizza Riedel, «e che sia condannato sotto il presidente democratico che ha posto fine alla tortura stessa».
La sua condanna, applaudita da Capitol Hill come la panacea contro l’escalation di soffiate ai media, ha l’imprimatur di Obama e del suo ministro della giustizia, Eric H. Holder Jr. Quando Kiriakou accettò di patteggiare, – per far fronte alle spese legali che l’hanno costretto a vivere in un trailer usando buoni pasto per mangiare – l’allora direttore della Cia David H. Petraeus parlò di «importante vittoria per l’America».
«La sua condanna dimostra che esistono conseguenze per quelli che si ritengono al di sopra della legge», affermò allora. Tre settimane più tardi lo stesso Petraeus è stato costretto a rassegnare le dimissioni quando un’indagine Fbi ha portato alla luce la sua relazione extraconiugale con la sua biografa Paula Broadwell.


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