“Rinnovabili e auto pulite la svolta è già  iniziata”

by Sergio Segio | 22 Gennaio 2013 8:02

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«La Cina è a un punto di svolta perché i danni che sta producendo la seconda rivoluzione industriale sono ormai superiori ai vantaggi. A che serve costruire i grattacieli più belli se per passare dall’uno all’altro bisogna riempirsi i polmoni di veleni? Il dramma ecologico di Pechino è l’emblema del disastro collettivo a cui rischiamo di andare incontro proseguendo nella vecchia strada. Ma la terapia che il governo cinese sta mettendo a punto indica il futuro dell’economia». Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, guarda con crescente attenzione al nuovo corso di Pechino.
Lei parla di riconversione, ma lo scenario è apocalittico: città  con l’aria irrespirabile, deserto che stringe d’assedio la capitale, riserve idriche himalayane in declino per colpa del cambiamento climatico, agricoltura a rischio. Il lungo boom economico ha spazzato via i vecchi problemi ma ne ha creati di nuovi.
«È vero, e l’elenco delle città  in cui i valori degli inquinanti superano di dieci volte il limite di sicurezza fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità  è lungo. Una catastrofe che produce conseguenze paradossali: una parte dei vantaggi ottenuti in termini di allungamento dell’età  media viene risucchiata nel gorgo dell’inquinamento».
Quindi ha ragione chi indica la Cina come l’inquinatore numero uno.
«Ha ragione se parla guardando al passato. Ma se osserviamo quello che succede oggi e ragioniamo su quello che sta per accadere vediamo uno scenario completamente diverso. Nel campo delle fonti rinnovabili la Cina è diventata leader globale. Il piano quinquennale per la protezione ambientale prevede un investimento di 450 miliardi di dollari. Nel 2015 si arriverà  a produrre un milione di auto elettriche ».
Ma una buona parte dell’energia cinese viene ancora dal carbone: l’equilibrio al momento è incerto.
«Come ha sottolineato anche Bloomberg Businessweek, il futuro premier Li Keqiang ha annunciato di voler seguire la linea della Terza rivoluzione industriale, quella basata su cinque pilastri: fonti rinnovabili, capacità  di immagazzinamento dell’energia attraverso l’idrogeno, smart grid, edifici capaci di produrre più energia di quella che consumano, mobilità  a bassissimo impatto ambientale. La Cina inoltre diventerà  non solo il più grande produttore ma anche il più grande mercato di installazione del fotovoltaico nel mondo: i nuovi impianti previsti per il 2013 dovrebbero consentire al paese asiatico di superare la Germania».
Ritiene che sarà  questo uno dei fronti principali della competizione Stati Uniti — Cina?
«Mi sembra un punto di vista troppo ristretto. C’è un terzo attore in campo, ed è un attore molto ben piazzato: l’Unione Europea. Se il presidente Barroso riuscirà  ad accelerare il cammino iniziato con la dichiarazione con cui nel 2007 il Parlamento europeo ha sposato il progetto della Terza rivoluzione industriale, il vecchio continente avrà  ottime possibilità  di guadagnare per primo il traguardo della nuova economia».
Prima della Cina?
«Magari lavorando assieme alla Cina. Anche l’Europa del resto ha ottimi motivi per spingere sulla leva della green economy. Quasi un terzo degli abitanti delle sue città  è esposto a concentrazioni eccessive di polveri sottili: l’inquinamento atmosferico provoca mezzo milione di morti premature all’anno e danni per 630 miliardi di euro. Cifre che, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, potrebbero più che dimezzarsi entro il 2020 passando alla mobilità  elettrica e applicando misure anti inquinamento».
Lei è convinto che prevarrà  la green economy?
«Guardando a quello che è successo in Italia negli ultimi due anni, con lo spostamento di attenzione e di risorse dalle fonti rinnovabili ai combustibili fossili, direi di no. Ma più in generale la risposta è sì. La svolta di Pechino può modificare il trend generale. Anche in Europa, come abbiamo potuto misurare nel lavoro svolto assieme al direttore europeo della Foundation on Economic Trends Angelo Consoli, la sensibilità  è cresciuta. E le immagini dei cinesi con la mascherina, sepolti dallo smog, sono la migliore prova della mancanza di una alternativa: la seconda rivoluzione industriale è arrivata al capolinea ».

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