Raid degli israeliani sulla Siria Damasco: «Colpito sito militare»

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GERUSALEMME — I decolli a ripetizione dalle basi dell’aviazione nel Nord d’Israele, le minacce a ripetizione del premier Benjamin Netanyahu e dei suoi ministri. Gli avvertimenti sembrano essersi concretizzati nella notte tra martedì e ieri. I jet avrebbero colpito obiettivi dentro la Siria, si sarebbero spinti fino alla periferia di Damasco per bombardare un centro di ricerca militare e avrebbero bersagliato anche un convoglio che si stava muovendo verso il confine con il Libano.
Nessuno in Israele conferma le operazioni. Alcune fonti diplomatiche occidentali ne hanno cominciato a parlare ieri mattina, l’esercito libanese ha denunciato i sorvoli dei caccia ma ha smentito le esplosioni, solo più tardi la televisione siriana, controllata dal regime, ha annunciato la distruzione della base: «Gli aerei hanno effettuato un attacco diretto contro un centro di ricerche scientifiche utilizzato per rafforzare il nostro livello di difesa e resistenza». Il sito si troverebbe a Jamraya, quindici chilometri dalla capitale, e potrebbe essere uno degli obiettivi che Netanyahu ha indicato pochi giorni fa, quando ha ammonito: «Dobbiamo guardarci intorno, la Siria si sta disintegrando e non sappiamo a chi potrebbero finire i suoi arsenali chimici».
Nel settembre del 2007 gli israeliani avevano bombardato un reattore nucleare dove sospettavano che Bashar Assad stesse sviluppando armi atomiche con l’aiuto dei nordcoreani. Allora il presidente siriano era rimasto in silenzio, come il governo israeliano che non ha mai rivendicato la missione.
Adesso il regime di Damasco — commentano gli analisti — preferisce sfruttare il presunto attacco all’alba di ieri per propaganda e per ripetere che la rivolta cominciata ventidue mesi fa è un complotto straniero. I video pubblicati su YouTube dai ribelli mostrano quelle che sarebbero le fiamme nel centro di ricerca. Gli abitanti della zona — racconta l’agenzia France Presse — hanno contato sei esplosioni, i morti sarebbero due.
Il raid al confine con il Libano avrebbe invece colpito un convoglio che trasportava missili SA-17, un sistema antiaereo di fabbricazione russa che Israele ha sempre considerato una linea rossa: non può permettere che questi armamenti vengano passati all’Hezbollah libanese. «Il gruppo filo-iraniano — spiega Amos Harel su Haaretz — avrebbe già  acquisito degli Scud a lungo raggio, tutte tecnologie che possono squilibrare il bilancio delle forze e rendere inefficace la deterrenza di Gerusalemme».
Prima degli attacchi, Netanyahu ha spedito Aviv Kochavi, capo dell’intelligence militare, a Washington. Con il compito probabile di mostrare agli americani i piani, le mappe satellitari e di spiegare perché l’esercito abbia dispiegato le batterie Iron Dome, sperimentate negli otto giorni di guerra a metà  novembre contro i Katyusha che partivano dalla Striscia di Gaza, alla periferia di Haifa e di altre città  nel Nord del Paese. I generali temono una rappresaglia di Hezbollah e solo ieri i centri di assistenza per i civili hanno ricevuto la richiesta di quattromila maschere antigas.


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