Quei mujahedin che sfruttano la lotta dimenticata dei tuareg

by Sergio Segio | 18 Gennaio 2013 4:08

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WASHINGTON — Nei primi contatti i terroristi responsabili della presa d’ostaggi in Algeria hanno parlato in difesa dell’Azawad, il Nord Mali. Un modo per i mujahedin di Mokhtar Belmokhtar di sfruttare la lotta dei tuareg. Un accostamento legato alla situazione nel Sahel, dove è in gioco anche il destino dei tuareg. Averli dimenticati ha finito per fare il gioco degli estremisti.
Gli uomini blu — così sono chiamati da sempre — sono sparpagliati tra Mali, Niger, Algeria, Libia e Burkina Faso. Quasi un milione e mezzo di persone, spesso costrette a combattere contro la repressione e la fame. Lampi di ribellione iniziati nel 1963 e riapparsi a cadenza regolare. Ma a nessuno è mai importato molto. Solo chi era interessato a usarli — come Gheddafi — ha sposato la causa arruolandone a centinaia. Un matrimonio di interesse interrotto dalla fine del raìs che ha provocato una scossa destabilizzante. I tuareg del Mali hanno fondato l’Mnla (Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad), unendo la vecchia guardia a una parte dei guerriglieri che erano andati in Libia. Fusione preceduta dal misterioso decesso di Ibrahim Ag Bahanga, leader delle rivolte del 2006 e del 2009. Ospite dei libici, stava tornando nel Nord del Mali quando un «incidente stradale» se lo è portato via. Sparito lui, il comando è passato ad altri veterani — come Bilal Ag Acherif — che, grazie alle molte armi rubate nelle caserme di Gheddafi, sono tornati nell’Azawad più forti che mai. E sono partiti all’assalto sbaragliando l’esile esercito maliano. Un’avanzata travolgente che ha aperto nuovi spazi, politici e geografici.
L’area d’azione dei tuareg si è mescolata a quella di Al Qaeda nella terra del Maghreb, il gruppo che aspira ad essere un faro regionale e ha qui la sua cassaforte, fatta di traffici e sequestri. Due entità  separate che hanno però trovato presto un punto d’unione nella nascita di un terzo gruppo, Ansar Dine, creatura di Iyad Ag Ghali, un tuareg per tutte le stagioni. Ha «lavorato» con i libici, ha aderito alle passate insurrezioni, si è rimesso d’accordo con i maliani, ha stretto rapporti con il Burkina Faso, è saltato sulla carovana jihadista facendo da mediatore nelle vicende degli ostaggi europei, non ha litigato con Algeri. Ad aumentare la confusione è poi apparso un quarto attore, il Tawhid, scissione qaedista composta essenzialmente da pochi guerriglieri arabi e molti africani.
La componente integralista ha finito per prevalere grazie ai mitra e al peso jihadista. Gli slogan per l’indipendenza tuareg sono stati rimpiazzati dai richiami alla legge islamica. Bisognava trovare un’intesa con l’Mnla ma a molti l’idea sembrava un regalo ai secessionisti e lo stesso movimento è apparso fragile rispetto alle risorse dei rivali. A Bamako poi tornava utile fare l’equazione tuareg/Qaeda. Ora qualcuno auspica di recuperare il rapporto con i laici dell’Mnla. Un incontro è stato fissato per il 21 nella capitale maliana, appuntamento che può essere usato per trovare un’intesa su una tregua. I tuareg — si dice — hanno ammorbidito le richieste e se i francesi vogliono riconquistare il Nord hanno bisogno della loro conoscenza. Un migliaio di combattenti, ben addestrati, dei quali è difficile fare a meno.
Guido Olimpio

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