Profumi, lingerie e borsette La «lista delle vanità » dell’Idv

by Sergio Segio | 28 Gennaio 2013 7:28

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MILANO — Cravatte, profumi, trucchi e borse: più che monotoni rendiconti istituzionali, le note spese dei consiglieri liguri sembrano un catalogo di varie vanità . Sbrigativo al limite della scortesia, Antonio Di Pietro ha una sola risposta, arrabbiata, da dare su quegli acquisti che nulla c’entrano con l’attività  politica del partito: «Non ho visto niente, chiedetelo a quelli della Liguria». Indagati per peculato, «quelli della Liguria» sono i componenti (ex e attuali) dell’Italia dei valori in Regione: la capogruppo Maruska Piredda, Marilyn Fusco e Nicolò Scialfa (passati entrambi al partito di Donadi, Centro democratico), Stefano Quaini (ora con Sinistra e libertà ) più il tesoriere Giorgio De Lucchi (appropriazione indebita) e la sua compagna che lavora come funzionaria all’Agenzia delle Entrate di La Spezia (favoreggiamento).
La Procura di Genova, scartabellando tutte le ricevute e le autocertificazioni del gruppo consiliare regionale sequestrate nei vari uffici e riferibili a 2010, 2011 e 2012 (per un totale di 130.000 euro da controllare), ha messo insieme una lista in grado di dare il via alla ritirata dei diretti interessati e di alimentare contemporaneamente il biasimo generale — mai sopito dallo scandalo Lazio in avanti — sull’eccessiva disinvoltura degli eletti nello spendere fondi pubblici in nome della rappresentanza. E a scorrerlo, questo elenco, la rabbia di Antonio Di Pietro appare comprensibile. Più dei libri, tantissimi e messi in conto all’Idv per oltre 1.000 euro tra volumi di carta e digitali (da Il cimitero di Praga di Umberto Eco alla Nuova matematica a colori per i ragazzi che studiano algebra alle superiori, da tutto Simenon — L’assassino, Il testamento Donadieu e La fuga del signor Monde — alle Poesie di Pascoli e I promessi sposi di Manzoni); molto più dell’ormai scontata corsa alla tecnologia (con una puntatina al Centro commerciale Carosello costata 2.592 euro in «iPad x 4» e «iPad case x 4» e numerose soste alla Fnac e in diversi centri di telefonia per portare a casa iPhone 4 e 3G, telecamere digitali e navigatori) ciò che colpisce antropologicamente è la pretesa di voler apparire al meglio.
Tantissimi — e finora non giustificati — gli scontrini che certificano la cura della persona e della casa, l’arredamento e i giochi: dai 19 euro di parrucchiere ai 350 euro lasciati in profumeria per gli ultimi eau de parfum Gucci e Bulgari, i trucchi, i batuffoli di cotone e i solventi; dagli 81 euro e 20 centesimi della lavanderia «Fast&Clean» per cuscini, federe, lenzuola, accappatoio e piumone fino al divano da 1.076 euro; dalle 5 piante fatturate «Galleria d’Arte e Fiori» per l’incredibile prezzo di 1.072 euro ai 103,40 del negozio di modellismo «Creative zone».
Ma soprattutto, quello che i consiglieri dovranno spiegare è come possano rientrare nell’ambito delle attività  istituzionali e non nella personale sfera della compulsione allo shopping tutta una serie di camicie, cravatte, vestiti et similia comprati in boutique e grandi magazzini. Ecco qui: 5 capi da Camicissima per 199,70 euro, 132 euro per una felpa e un paio di pantaloni da Hollister, cravatte e marche a non finire — Calvin Klein, Tommy Hilfiger, Cavalli, Rocco Barocco, Trussardi — da Coin per 1.018,62 euro. E la passione per la pelletteria? Un conto finora accertato di 2.466,80 euro: borse, valigie e accessori vari. In Procura hanno tra le mani persino 161,61 euro di pezze d’appoggio per un reggiseno push-up, sei paia di slip e un pareo.
Tralasciando le voci di alberghi, viaggi, ristoranti e cancelleria — che ammontano alla non trascurabile cifra complessiva di 35.078,82 euro e che comunque a pernottamenti, trasferte, cene e bloc notes affiancano pure cornici e stilografiche Montblanc — rimangono gli alimentari e la farmacia. Già , perché in Regione si beve e si guarisce non di tasca propria e le 4 bottiglie di Ferrari, 55,6 euro al Carrefour, o quei 290 euro di vini e liquori o ancora i 3.709,4 euro di Borgogna, li paga il partito.
L’ex pm di Mani Pulite, scoppiato il caso, aveva manifestato piena fiducia nella magistratura annunciando: «Se l’Italia dei valori risulterà  parte lesa ci costituiremo parte civile». Oggi, però, non basta più il brusco commento dell’assessore Nicolò Scialfa («È un incubo») né la lapidaria dichiarazione di Marilyn Fusco («Mai comprato lingerie»). Così come non è di grande aiuto al partito la presa di distanza di Maruska Piredda, l’ex hostess dell’Alitalia già  volto simbolo della protesta ai tempi dell’acquisizione del Cai: «Io non ho mai speso soldi pubblici per finalità  estranee alla mia attività  di consigliere regionale. Posso tranquillamente affermare che le spese da me sostenute per la mia attività  politica sono state superiori a quelle effettivamente rimborsatemi dal gruppo regionale. Già  in tempi non sospetti avevo denunciato mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi».

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