Praga, amnistia per un terzo dei detenuti

by Sergio Segio | 4 Gennaio 2013 9:38

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PRAGA. «Cari concittadini, sono passati vent’anni dalla nascita della Repubblica ceca e in quest’occasione ho deciso di promulgare un provvedimento di amnistia parziale, che entrerà  in vigore a partire dal 2 gennaio», così il presidente della Repubblica ceca Vaclav Klaus ha annunciato l’amnistia parziale, la quarta nella storia del paese. L’amnistia parziale riguarderà  circa 7.500 detenuti sui 23mila complessivi, a fronte di una capienza ufficiale delle carceri di circa 19mila persone.

Il deserto intorno alle carceri
«Il sovraffollamento delle carceri ceche è evidente con un tasso di 230 detenuti ogni 100 mila abitanti. Tuttavia la maggioranza dei detenuti è formata da condannati per l’«ostruzione alle decisioni degli organi pubblici» e per il non pagamento degli assegni famigliari. Ma, come racconta al manifesto Borek Slezà¡cek della Rubikon Centrum (una delle poche associazioni attive nelle carceri ceche), «rinchiudendo queste persone non si otterrà  il rinnovo dei pagamenti degli assegni famigliari ma solo un aumento dei debiti del detenuto. Una soluzione sarebbe quindi un uso più esteso delle pene alternative». Il sovraffollamento tuttavia non è l’unico male, che affligge le prigioni ceche. Neanche l’Amministrazione penitenziaria è riuscita a sfuggire ai tagli della spesa pubblica, che hanno portato a ridurre sia gli stanziamenti per i programmi di risocializzazione dei detenuti sia i fondi per le spese comuni. Da alcuni anni è così stata tagliata anche la dotazione della carta igienica e dell’acqua calda, per cui i detenuti possono fare una doccia con acqua non gelida soltanto due volte alla settimana.
Intorno alla carceri ceche c’è poi un grande deserto sociale, che non è minimamente scalfito dal meritorio lavoro delle poche associazioni di volontariato presenti tra le mura dei luoghi di restrizione. Una situazione resa ancora più difficile dalla mancanza di un impiego che oltre a dotare il detenuto di un reddito possa servire anche da esperienza di lavoro qualificante per la vita oltre le sbarre. Tutto ciò pesa inevitabilmente e determina per la stragrande maggioranza dei detenuti l’assenza di un percorso di recupero, che possa dare degli orizzonti concreti dopo la fine della pena.
Il post-pena è anche reso difficile da alcuni fattori peculiari della situazione ceca. «Un importante problema per il reintegro dei detenuti è rappresentato dai debiti accumulati prima e dopo la pena», sottolinea Lenka Ourednà­ckovà¡, vicepresidente della Rubikon Centrum. Il problema dei debiti viene poi aggravato dal costo di soggiorno, addebitato al detenuto per ogni giorno passato in carcere. Non di rado i detenuti scarcerati si ritrovano sul groppone un debito di decine o centinaia di migliaia di corone verso l’Amministrazione penitenziaria. Una situazione decisamente poco sostenibile per molti detenuti non agiati.
Scontro sulla fine dei processi
L’amnistia presidenziale, controfirmata dal premier Petr Necas, non porta solo alla scarcerazione di un terzo dei detenuti cechi ma anche alla conclusione dei provvedimenti penali con una durata superiore agli otto anni e per delitti sanzionati con meno di dieci anni di reclusione. Una norma, che è stata fortemente criticata dalla società  civile e dalle forze di opposizione, in quanto getta un colpo di spugna su alcuni grandi processi per le malversazione avvenute negli anni ’90 e all’inizio di questo secolo. «Il presidente Klaus e il premier Necas danno l’impressione di voler cancellare le tracce e di amnistiare coloro che in passato hanno detenuto un’importante potere economico, e che avevano forti legami con l’Ods (il partito da cui provengono entrambi i politici, ndr)», ha dichiarato Bohuslav Sobotka, il segretario del maggior partito dell’opposizione, la Cssd, che perciò tenterà  di sfiduciare alla Camera il già  traballante governo di centro-destra del premier Petr Necas. Molti processi, che andranno alla conclusione forzata, riguardano infatti il periodo di privatizzazioni selvagge, quando l’allora premier Vaclav Klaus sosteneva che bisognasse spegnere la luce della legge per costruire con successo la nuova economia capitalistica.
E suscita forti dubbi anche il metodo con cui è stato preso un provvedimento necessario per rimediare almeno parzialmente a uno «stato di antidemocrazia» vigente nelle carceri ceche, come direbbe un Marco Pannella in versione praghese: l’amnistia è scaturita con un accordo non pubblico tra il presidente e il premier, che non hanno ritenuto di coinvolgere in questa decisione né il Parlamento né la società  ceca.
Una procedura costituzionalmente corretta ma degna più di due monarchi assoluti e temporaneamente illuminati che di due uomini politici di uno stato democratico. L’amnistia parziale è arrivata così come un fulmine a ciel sereno, che non è certo servito ad aumentare l’attenzione della società  verso le condizioni di detenzione nelle carceri ceche.
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CANCELLATI ANCHE I PROCESSI
 I benefici concessi solo caso per caso

Con l’amnistia parziale del Presidente ceco Vaclav Klaus vengono liberati i detenuti che hanno subito una condanna di reclusione di 12 mesi, estesi a 24 mesi nel caso della sospensione condizionale della pena. Vengono amnistiati anche i condannati ai lavori forzati e al domicilio coatto.
Condizioni più favorevoli invece per i detenuti anziani: verranno messi in libertà  i detenuti over 75 qualora la loro condanna preveda una pena con meno di dieci anni di reclusione e gli over 70 che sono stati condannati con la sospensione condizionale della pena. Vengono, invece, esclusi dall’amnistia i condannati per violenza sessuale, per i delitti di sangue e i recidivi.
Il provvedimento più contestato è quello che riguarda i provvedimenti penali in corso. L’amnistia prevede la conclusione dei provvedimenti, che durano da più di otto anni, e con delitti sanzionati con pene inferiori ai dieci anni di reclusione.
Il diritto di godere degli effetti dell’amnistia sarà  valutato caso per caso da delle corti formate ad hoc presso i penitenziari cechi. Nei primi due giorni sono state liberate circa un migliaio di persone sugli oltre 7.500 detenuti che dovrebbero uscire a partire dai prossimi giorni dalle carceri ceche.

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