Pomigliano, la Fiom lancia l’allarme: “Fiat preannuncia duemila esuberi”
Il giudice del Tribunale di Roma ha respinto questa mattina il ricorso presentato dalla Fiom contro le 19 procedure di mobilità annunciate da Fabbrica Italia Pomigliano lo scorso 31 ottobre, e sulle quali non si è trovato un accordo tra azienda e sindacati. Il giudice ha ritenuto che vi fosse un difetto di legittimazione, da parte della Fiom, a proporre ricorso, in quanto l’atto (il licenziamento) deve essere compiuto perché si possa valutare un eventuale danno. Inoltre, scrive il giudice, Fiom non può sostenere che la mobilità dichiarata per i 19 operai sia stato un atto di ritorsione dopo la sentenza della corte d’appello di Roma – quella che ha ordinato la riassunzione di 145 operai iscritti alla Fiom -, solo sulla base del fatto che la dichiarazione dell’azienda è arrivata immediatamente dopo quella sentenza.
Dietro il verdetto odierno, però, si apre un giallo sul futuro di tutti gli operai dello stabilimento “GB Vico” – circa 1100 oggi in cassa integrazione a zero ore in scadenza a luglio – rimasti ancora fuori dall’operazione di riassorbimento del vecchio organico da parte della newco voluta da Sergio Marchionne. “Il fatto che il Tribunale abbia rigettato il nostro ricorso per dichiarare illegittima la procedura di mobilità – accusa infatti Maurizio Landini – è dovuto al fatto che due giorni prima gli altri sindacati, Fim, Uilm, Fismic e Ugl, hanno firmato un verbale che riconosce che a Pomigliano ci sono più di duemila esuberi, quindi un atto che ha permesso al Tribunale, oggettivamente, di riconoscere che l’azienda può aprire la procedura di mobilità “.
“Un regalo insperato alla Fiat da parte degli altri sindacati – dice Landini – , che ora dovranno spiegare ai duemila lavoratori che ciò che è stato firmato due anni fa non vale più”. Per Landini la sentenza non è comunque totalmente negativa: “Il tribunale – ha aggiunto il leader dei metalmeccanici Cgil – riconferma però che esiste una discriminazione quando dice che i 19 lavoratori della Fiom che sono rientrati al lavoro non possono essere licenziati”.
Il giudice del tribunale di Roma, infatti, ha specificato nel dispositivo Fabbrica Italia Pomigliano non potrà licenziare i 19 iscritti alla Fiom assunti lo scorso 28 novembre (gli altri 126 dovranno essere assunti entro metà aprile). Perché se è vero, dice il giudice, che dall’ordine di assunzioni degli iscritti alla Fiom non deriva “l’obbligo per l’impresa di mantenere un determinato numero di lavoratori nell’organico aziendale”, d’altra parte “diverso è l’obbligo di mantenere una determinata percentuale di iscritti alla Fiom nell’ambito dell’organico complessivo”. E questo obbligo, aggiunge il tribunale, è invece “specificamente individuato” nella sentenza della Corte di appello di Roma che imponeva l’assunzione dei 145 operai Fiom. Un obbligo, conclude il giudice, “sul quale, in questa sede non è, peraltro, sorto alcun contrasto, allo stato non ipotizzabile, non essendo ancora scaduto il termine per l’assunzione dei 126 lavoratori iscritti alla Fiom e non avendo la società adottato alcun licenziamento”.
Parlando a un attivo Fiom in Emilia Romagna, Landini ha anche aggiunto: “L’azienda ha reintegrato i nostri 19 iscritti, ma solo come operai ‘in formazione’. E ha messo loro un braccialetto con scritto ‘operai in formazione'”. Davanti alle risare provocate in sala, ha aggiunto: “Uno può anche ridere, ma a me è venuto in mente che quelle cose lì le facevano contro gli ebrei”. A questo proposito l’azienda fa sapere di considerare incredibile la polemica: si tratta di una fascetta che viene data a tutti quelli che devono essere avviati al lavoro. Una pratica normalissima in tutti gli stabilimenti.
La storia. Tre mesi fa la Fiat annuncia che a Pomigliano, nella nuova fabbrica dove si produce la Panda, sarebbero stati licenziati 19 operai, per far posto agli iscritti alla Fiom che la Corte d’Appello di Roma ha imposto di assumere per sanare la discriminazione di uno stabilimento dove sono stati sistematicamente esclusi i tesserati alla Cgil. La corte d’allello ordina il rientro dei primi 19 cassintegrati Fiom (su 145) entro il 28 novembre 2012 (40 giorni dopo la sentenza del 19 ottobre). Poche ore dopo, la Fiat dichiara la procedura di mobilità per altrettanti dipendenti, dicendo espressamente che, con l’ingresso dei 19 operai Fiom, gli organici diventano sovradimensionati rispetto alla produzione ridotta imposta dalla crisi.
Contro i 19 licenziamenti scende in campo il Governo. “L’azienda è libera ma non mi sono piaciuti”, commenta il ministro Corrado Passera (Sviluppo economico). E Elsa Fornero, con una nota, chiede esplicitamente alla Fiat di bloccare i licenziamenti: “Constato con rammarico e preoccupazione – scrive il ministro del Lavoro – la novità che fa evolvere le relazioni industriali nel senso dello scontro e dell’indurimento della contrapposizione; la mancanza di una volontà di dialogo da entrambe le parti; l’assenza di una posizione comune da parte sindacale”.
La Chiesa prende posizione: don Giuseppe Gambardella, parroco del centro storico di Pomigliano, durante l’omelia chiede alla gente di “pregare per gli operai di Pomigliano”. “C’è dolore e tanta rabbia – spiega don Gambardella – nella mia comunità dove abitano tanti operai della Fiat. Alcuni hanno ripreso a lavorare, altri sono da molto tempo in cassa integrazione. C’è dolore e disappunto per l’atteggiamento di una fabbrica che dovrebbe essere l’orgoglio della nostra Italia e che invece disprezza i nostri concittadini, i nostri lavoratori”. “È un’assurdità . L’uomo non è una merce che si può cambiare a nostro piacimento”, tuona il vescovo di Nola, don Beniamino De Palma.
Sulla mossa della Fiat, che intende mettere in mobilità 19 operai dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, si muove la Procura di Nola. Il procuratore capo, Paolo Mancuso, vuole capire se l’iniziativa configuri un comportamento antisindacale e violi le norme previste dall’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
Anche i sindacati che hanno approvato gli accordi Fiat contestati dalla Fiom chiedono al Lingotto un passo indietro sui licenziamenti di Pomigliano. Ma la Fiat mantiene i licenziamenti. Il 6 novembre i dirigenti di Pomigliano si presentano all’incontro con i sindacati senza modificare di una virgola l’impostazione annunciata: “Il Lingotto intende licenziare 19 tra gli attuali dipendenti impiegati sulla linea della Panda per far posto ad altrettanti cassintegrati della Fiom”. Il 27 novembre i 19 operai Fiom firmano per un’assunzione ex novo e tornano in fabbrica.
L’ultimo round tra azienda e sindacati – sempre senza la Fiom – lo scorso 14 gennaio. L’incontro si chiude con una fumata nera. In linea con la legge 223 sulle procedure di mobilità e licenziamenti, l’ultimo arbitrato in sede istituzionale – alla scadenza dei 75 giorni dall’annuncio dell’azienda – si tiene all’Ormel dell’Ufficio del Lavoro regionale. Una riunione di mezz’ora che si chiude con un verbale di mancata intesa. Da questa data l’azienda automobilistica ha 120 giorni di tempo per decidere la messa in mobilità unilateralmente
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