Pd, pressing finale sul listino di Bersani
ROMA — Nel Pd continuano, serratissimi, i lavori per definire le candidature per le prossime Politiche. Si vagliano i vincitori delle primarie e si continua a trattare per compilare il listone di nomi (circa 120) scelti direttamente da Pier Luigi Bersani calibrando i pesi delle diverse correnti. Tutto dovrà essere pronto per martedì, la data indicata dal Partito democratico per «approvare le liste prima di ogni altro partito», come dice Anna Finocchiaro.
Le pressioni sono tante: molti di quelli che non hanno superato le primarie o che temono di essere comunque esclusi tentano un recupero raccogliendo firme a proprio sostegno sotto forma di appelli rivolti a Bersani. Così, per esempio, Ermete Realacci (renziano) che, appoggiato da alcuni operatori della green economy, dovrebbe farcela a rientrare. Mentre restano in bilico gli altri due ambientalisti pd pure indicati nello stesso appello, Roberto della Seta e Francesco Ferrante: entrambi legati all’operazione Ilva.
La partita delle candidature si gioca anche sulla scelta dei capilista, di assoluta pertinenza bersaniana. Sembra certo che, per la Camera, Bersani stesso sarà capolista nella circoscrizione Lazio1 così come in Lombardia e in Sicilia. Rosy Bindi dovrebbe esserlo in Calabria, Enrico Letta in Veneto, Dario Franceschini in Emilia Romagna, Andrea Orlando in Liguria, Cesare Damiano in Piemonte 1. Beppe Fioroni sta giocando le sue carte per evitare la circoscrizione Sicilia 2; in nome di questo, sarebbe disposto anche a cedere la posizione di capolista pur di poter correre in Lazio 2. La Puglia potrebbe avere il filosofo Franco Cassano, mentre per la Sardegna sembra assodato il segretario regionale Silvio Lai.
Per quanto riguarda il Senato, viene data per acquisita la posizione numero uno di Anna Finocchiaro in Puglia. Possibile la candidatura al primo posto di Ignazio Marino in Liguria, Josefa Idem in Emilia Romagna, Marco Minniti in Calabria e Pietro Grasso nel Lazio. Inoltre, per Camera o Senato, correrebbero da capilista Guglielmo Epifani, Felice Casson, Franco Marini, Enrico Gasbarra.
Insomma, se da un lato il Pd continua ad annunciare l’arruolamento di personalità della società civile (ed è di ieri l’ingresso del segretario generale di Confcommercio Luigi Taranto), dall’altro c’è la necessità di mantenere comunque uno scranno per diversi parlamentari uscenti che non hanno partecipato alle primarie perché in carica da troppe legislature. E, anche qui, dovranno essere rappresentate le diverse correnti. Nel listone bloccato dovrebbero dunque entrare anche Marina Sereni, Gianclaudio Bressa, Nicola Latorre, Luigi Zanda, Giorgio Tonini, Paolo Gentiloni.
Complessivamente nelle liste andranno accontentati franceschiniani (un po’ ridimensionati dalle primarie), dalemiani, veltroniani… Ma, almeno mediaticamente, la parte da leoni la stanno facendo i bersaniani (come del resto è ovvio) e i renziani. Il segretario non rinuncerà ai suoi fedelissimi Maurizio Migliavacca, Nico Stumpo e Davide Zoggia; poi vorrebbe Alessandra Moretti, Roberto Speranza, Tommaso Giuntella, Miguel Gotor. Anche Matteo Renzi, che con le primarie ha ottenuto appena una ventina di candidati, chiede nel listone dei garantiti posti per i suoi uomini più affidabili. Però Graziano Delrio, che lo rappresenta nella trattativa con il delegato di Bersani Vasco Errani, vorrebbe inserire anche personalità ritenute più autonome. Sembra comunque indiscussa la candidatura dei renziani di ferro Simona Bonafé e Roberto Reggi; e probabile quella di Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi, Luca Lotti, Francesco Clementi.
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La fionda democratica
Che le prossime amministrative – 12 milioni di cittadini al voto – siano uno spartiacque politico; che in particolare Milano e Napoli saranno un test per governo e opposizione, ormai lo sostengono tutti. Per questo non è allegro ricordare che in queste due città il Pd è arrivato male, o non è arrivato affatto. A Milano l’ottimo Pisapia si è guadagnato la corsa sconfiggendo un Pd diviso, incolore e poco convinto del suo candidato.