Partita aperta in cinque Regioni Il risiko della maggioranza al Senato

by Sergio Segio | 21 Gennaio 2013 5:39

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È vero che il centrodestra di Berlusconi appare, in queste ultime settimane, in ascesa — anche se secondo alcuni il trend si è esaurito — ma la distanza che lo separa dal centrosinistra è a tutt’oggi ancora relativamente ampia, tale da essere difficilmente recuperata (anche se, come suggerisce Ricolfi su La Stampa di ieri, forse una quota di elettori «nasconde» la propria preferenza per il Cavaliere, che quindi sarebbe sottostimato nei sondaggi). In questo momento è comunque ragionevole ipotizzare che Bersani conquisterà  il ricco premio di maggioranza (55% dei seggi) che la legge elettorale assegna a chi raccoglie il maggior numero di consensi. Mentre per il Senato, come si sa, il meccanismo è completamente diverso e prevede l’attribuzione del premio di maggioranza su base regionale: chi vince in ciascuna Regione (con l’esclusione di Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Molise) ottiene il premio (più o meno ampio a seconda della popolazione e, quindi, dei seggi senatoriali attribuiti) di quella regione. Accumulando così seggi in Senato. Il numero di questi ultimi dipende dunque dal numero di Regioni che si conquistano, con le più popolose che contano di più.
I seggi decisivi
Bersani ha affermato di puntare alla vittoria in tutte le Regioni, in modo da assicurare alla sua coalizione la maggioranza di seggi anche in Senato. Si tratta di un evento possibile, ma tutt’altro che certo: è vero che in alcune regioni la vittoria del centrosinistra è praticamente sicura, ma in diverse altre l’esito è più indefinito o appare in questo momento favorevole al centrodestra. Di qui la grande importanza, agli effetti del risultato finale, della competizione nelle regioni che tuttora «in bilico» e che sono in buona misura anche quelle che assegnano più seggi.
Alcune sono tradizionalmente appannaggio del centrodestra, come il Veneto. Effettivamente questa regione vede ancora la coalizione di Berlusconi in vantaggio. Ma il divario si è ridotto in queste ultime settimane, a causa, probabilmente, dell’accordo Lega-Pdl. Fino a qualche tempo fa, la differenza tra centrodestra e centrosinistra era molto ampia, secondo alcuni, pari al 10% e anche più. Ma, di recente, si è manifestata un’insofferenza di una quota di elettori leghisti nei confronti del partito, a causa dell’alleanza con il Pdl. Ciò che ha portato alcuni a disertare il Carroccio e ad orientarsi verso altre liste. L’effetto è che oggi la distanza in Veneto tra centrodestra e centrosinistra risulta pari a meno di 4 punti. Il dato è sostanzialmente confermato anche da una rilevazione in corso da parte di Ilvo Diamanti (al quale, sembra, emerge una differenza ancora più modesta) e da un sondaggio (citato dal Gazzettino Veneto di venerdì e confermato dallo stesso Maroni) della Swg che stima il divario centrodestra/centrosinistra relativamente esiguo. Malgrado questo trend, comunque, appare altamente probabile che i 14 seggi (comprensivi del premio di maggioranza) del Veneto siano assegnati al centrodestra.
Ciò rende ancora più rilevante la lotta in altre tre regioni molto popolate quali la Campania, la Sicilia e la Lombardia.
Nella prima il centrosinistra è avanti, benché, anche qui, secondo alcuni istituti, il divario sia relativamente modesto. La rilevazione Ispo lo colloca a poco più del 4%. Ma quella Ipsos del Sole 24 Ore dell’8 gennaio la limita a 2 punti percentuali. La stessa distanza stimata in questi giorni da Euromedia. Allo stato attuale, dunque, i 16 seggi campani (comprensivi, anche in questo caso, del premio di maggioranza) dovrebbero andare al centrosinistra. Ma la competizione è aperta.
La sfida nell’isola
In Sicilia la lotta appare ancora più serrata. Secondo la nostra rilevazione, il centrodestra è avanti di 1 punto. Ma è necessario ricordare nuovamente che, in questo genere di sondaggi, vi è un margine di approssimazione statistica superiore a questo divario. Appare dunque arduo effettuare una stima. Anche i sondaggi degli altri istituti hanno risultati variabili e con differenze di consenso tra i due schieramenti egualmente modeste. Ipr colloca il centrosinistra davanti per solo mezzo punto (34% vs 33,5%). Ed Euromedia li stima alla pari (31,4 per il centrosinistra e 31,6% per il centrodestra). Molto dipenderà  dalla partecipazione al voto. Che, per vari motivi, è stata assai modesta alle ultime regionali (che hanno visto la vittoria del centrosinistra), ma che dovrebbe essere maggiore per le prossime politiche, anche a causa del clima di mobilitazione che sembra caratterizzare l’isola e della attrazione esercitata da alcune liste di natura prevalentemente locale. Tutto ciò comporta l’impossibilità  di assegnare oggi il premio di maggioranza (ben 9 seggi).
Il margine ridotto
Sulla Lombardia — che distribuisce complessivamente ben 49 seggi sui 315 complessivi del Senato e che quindi è determinante nella formazione delle maggioranze — i sondaggi sono altrettanto contraddittori. Secondo la nostra rilevazione, il centrodestra è in vantaggio di circa 2 punti (poco meno di quanto rilevato una settimana fa), ottenendo quindi i decisivi 27 seggi senatoriali. Ma, tenendo conto anche qui del margine di approssimazione, la distanza risulta assai modesta. Tanto che le due coalizioni vengono invece stimate alla pari da quasi tutti gli altri istituti di ricerca (Ipsos, Ipr, Euromedia, Lorien). A meno di improvvisi colpi di scena, qui la competizione si giocherà  all’ultimo voto. Conteranno in particolare i voti di quanti dichiarano tutt’ora di essere indecisi. Non a caso, la Lombardia è stata definita l’Ohio italiano. Si può probabilmente affermare che l’esito di questa regione determinerà  o meno la maggioranza per il centrosinistra al Senato.
Vale la pena, infine, di considerare il caso della Puglia, anche se in questa regione il vantaggio del centrosinistra pare più netto: quasi 4 punti percentuali. Secondo diversi osservatori, infatti, anche qui il divario è troppo esiguo da dare certezze.
In conclusione, la situazione complessiva del Senato appare oggi ancora molto incerta. Diversi elementi inducono a pensare che per Bersani non sarà  facile godere di una maggioranza autonoma.

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